Paolo Scaroni,  l’amministratore delegato dell’Eni, in occasione della presentazione a Montecitorio del libro “Petrolio, la  nuova geopolitica del potere” di Giancarlo Elia Valori, ha dichiarato: "Israele presto  diventerà una potenza energetica: a largo delle coste di Israele,  Libano e Cipro c'e' infatti un tratto di mare dove sono state fatte  grandi scoperte di gas – ha osservato l’ad dell’Eni -. Questo permetterà  a Israele di diventare autosufficiente dal punto di vista energetico,  anzi potrà addirittura esportare il gas”.
Per il Paese si  tratterà, ha aggiunto Paolo Scaroni, di “un grosso cambiamento rispetto  ad ora che dipende dalle importazioni dall'Egitto, un paese amico ma –  ha precisato - non da sempre". E per l’Italia, per l’Europa e per  l’intero Occidente è oggi più che mai fondamentale trovare nuove fonti  di approvvigionamento energetico, vista anche la richiesta che arriva ai  tradizionali Paesi produttori dalle nuove economie emergenti. Lo stesso  Paolo Scaroni ha sottolineato ad esempio che il gas russo attualmente è  “ambito a est, da potenze come Cina e India”. Questi Paesi, esattamente  come l’Europa, cercano di ridurre la dipendenza dal carbone, e far  fronte così alle richieste di riduzione delle emissioni di Co2,  sostituendolo con il gas. “E noi europei – ha avvertito Paolo Scaroni -  dobbiamo guardare con molta attenzione a tali dinamiche perché se il gas  siberiano dovesse essere diretto verso est il nostro futuro energetico  diventerà più complicato". Un tema centrale è anche quello delle  pipeline: in particolare il Nabucco, il gasdotto che collegherà  l’Arzebaijan con l’Europa attraverso la Turchia. Si tratta, ha detto  Paolo Scaroni, “di una alternativa, o forse un sogno, al gas russo” e  che, secondo Valori, vedrà tra i suoi fornitori l’Iran. “Ce lo auguriamo  tutti – ha affermato a questo proposito l’ad dell’Eni - ma i tempi non  sono maturi, dovremo attendere ancora per vedere l’Iran nel novero dei  fornitori del Nabucco. Certamente – ha aggiunto – il futuro del Nabucco è  strettamente legato a quello dell’Iran perché solo con le forniture  dell'Azerbaijan credo non si giustifichi l'investimento di 20 miliardi  di euro". Anche per l’ex presidente del Consiglio, Massimo D’Alema, il  primato dell’occidente nel controllo delle fonti energetiche è oggi  “messo in discussione” dalle economie emergenti. E questo, ha indicato,  avviene in un momento in cui il nucleare è “in crisi” anche a causa  della tragedia di Fukushima: per questo il controllo sul petrolio, sul  carbone e sul gas, ha affermato D’Alema, è “ancora più strategico”.  Dunque, se i rapporti con i tradizionali Paesi produttori come la Russia  restano centrali, diventano importanti anche quelli con le “potenze  energetiche emergenti” come Venezuela e Brasile. Ma, ha spiegato, ancora  più cruciale è “pensare ad una partnership diversa” con i Paesi  dell’altra sponda del Mediterraneo e del Golfo interessati dai  sommovimenti. Ci troviamo infatti di fronte, ha detto l’ex premier, “ad  una grande rivolta che ha messo finora all’angolo il pericolo  fondamentalista, proponendo valori comuni a quelli europei. Ma – ha  avvertito - un moto democratico e non fondamentalista è inevitabile che  determini anche un forte sentimento nazionalista che metterà in campo  partner meno accomodanti rispetto alle vecchie oligarchie”, con i quali  l’Europa è riuscita a dialogare in passato soprattutto in campo  energetico. La nuova classe politica “vorrà avere un controllo” sulle  risorse energetiche “e dunque dovremo pensare a partnership diversa”  perché dall’altra parte del tavolo l’Europa troverà “interlocutori  nuovi, forse anche migliori, ma sicuramente meno accomodanti”. Sotto  questo profilo, ha detto invece il finanziere franco-tunisino, Tarak Ben  Ammar, bisogna approfittare dal fatto che le rivoluzioni arabe sono  rivoluzioni libere e che non sono state fatte con ''slogan anti  occidentali'' o ''anti sionisti''. ''Sono state rivoluzioni fatte da  sole, senza l'appoggio del radicalismo islamico e dell'occidente''. I  giovani tunisini, ha aggiunto Ben Ammar, ''hanno manifestato chiedendo  liberta', dignita' e lavoro. Ora hanno la liberta' e la dignita'. Ora  serve il lavoro e senza lavoro non ci sara' democrazia''. Per questo, ha  sottolineato, “serve aiutare ora piu' che mai questi paesi arabi”. Ma  lo devono fare “i paesi arabi stessi: non dobbiamo chiedere all'Europa  ma dobbiamo chiedere ai paesi arabi che hanno i mezzi''. Altrimenti, il  pericolo è che le rivoluzioni arabe “diventino ostaggio del radicalismo  islamico''. Per quanto riguarda il petrolio, secondo il presidente della  Commissioni Affari Esteri del Senato, Lamberto Dini, l’interesse dei  grandi paesi produttori ed esportatori è che “non si sviluppino le  energie alternative”: il loro obiettivo è infatti quello di “mantenere  il petrolio la principale fonte di energia”. Dini, in particolare, ha  insistito sulla necessità dell’utilizzo dell’energia nucleare,  “responsabile della produzione di circa il 16% di tutta energia  elettrica mondiale”. Anche perché “una diminuzione della produzione  elettrica su base nucleare non può che portare ad aumento prezzi  petrolio”, ha concluso Dini facendo riferimento ai continui rialzi del  prezzo dei barili.
(FocusMO)
Nessun commento:
Posta un commento