Al bando le maxi-centrali, sì a piccoli impianti - due o tre al massimo nell’Astigiano - da 500 a mille kilowatt. Biogas da stalle e allevamenti, biomasse dagli scarti delle attività. Tutto a chilometri zero, o quasi.Il concetto è semplice: produrre energia elettrica dall’agricoltura. O almeno, provarci. Questo il progetto della Provincia che, di recente al Lingotto di Torino - in occasione di «Campus, il salone della Nuova agricoltura» - ha presentato i primi esiti della ricerca sull’«agri-energia», commissionata dall’assessorato Agricoltura al Centro Studi e ricerche sulla Collina. «Lo studio - spiega l’assessore provinciale Fulvio Brusa - è nato dall’esigenza di evitare speculazioni, dopo che alcuni industriali si erano interessati a realizzare impianti a biomasse che avrebbero utilizzato come combustibile anche scarti di lavorazione, olii o addirittura rifiuti. Siamo corsi ai ripari, approntando linee guida che limitano le dimensioni degli impianti, e obbligano a utilizzare come combustibile reflui zootecnici provenienti dalla zona. L’agricoltura può contribuire allo sviluppo sostenibile del settore energetico. Ed è un modo per aumentare, seppur di poco, la redditività delle imprese locali». Di qui i progetti dei primi sistemi a biogas collegati ad allevamenti che sfrutteranno mais e sorgo di produzione agricola. «Fondamentale - riprende Brusa - è che dietro a queste imprese vi sia una o più aziende agricole con produzioni sul territorio. Le biomasse devono provenire da un raggio molto ridotto». Minimi, per ora, gli incentivi dal Piano di sviluppo rurale. Ma la Provincia vuole incentivare le imprese. Il primo pionieristico impianto, per il quale si riunirà la conferenza dei servizi prima di Pasqua, sarà nel Nord-Astigiano. Asti dovrebbe rientrare in un’altra domanda di installazione di una piccola centrale. «La ricerca - spiega ancora l’assessore all’Agricoltura della Provincia - ha confermato che l’Astigiano può sopportare pochi impianti di limitate potenzialità. Queste attività possono rappresentare una fonte di integrazione al reddito delle aziende agricole e uno strumento di qualificazione per il territorio». Come? «L’apporto del settore agricolo - prosegue Brusa - può avvenire attraverso lo sviluppo di filiere energetiche preferibilmente corte, totalmente gestite dalle aziende agricole singole o associate che, utilizzando i propri fattori produttivi, producono energia destinata anche alla vendita».E’ stato firmato un protocollo di intesa tra Provincia e il Centro studi per lo Sviluppo rurale dell’Università di Torino. «Gli esiti della ricerca - spiega l’assessore Brusa - concorreranno alla prima stesura di linee guida per lo sviluppo dell’agri-energia a livello locale. E aprono la via a successive analisi sugli aspetti normativi e amministrativi». (Da La Stampa)
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