mercoledì 8 aprile 2009

Scaroni cementa l'asse Italia-Russia

La tragedia del terremoto in Abruzzo si è fatta sentire anche nell'ambito del summit italo-russo di Mosca, nel senso che l'assenza forzata di Silvio Berlusconi (rimasto in Italia per occuparsi dell'emergenza) ha fatto slittare la firma di tutti gli accordi commerciali sul tavolo. Tuttavia la missione imprenditoriale organizzata da Confindustria, Abi e Ice a Mosca ha confermato il clima di cooperazione tra le aziende dei due Paesi, che riveste rilevanza strategica soprattutto in campo energetico. L'Eni, come nelle previsioni della vigilia, ha ceduto il 20% di GazpromNeft che deteneva dal 2007 a Gazprom (che si è avvalsa di Cleary Gottlieb come advisor legale). Il colosso russo del gas ha quindi esercitato l'opzione call di cui disponeva, versando nelle casse dell'Eni 4,2 miliardi di dollari, «quanto abbiamo pagato noi (3,7 miliardi di dollari, ndr) più gli interessi del 9,5%», ha spiegato l'ad del Cane a sei zampe, Paolo Scaroni. Ritardati invece di «un paio di settimane» gli altri accordi dei quali si discute da tempo proprio per l'assenza del premier italiano. Tra questi l'ingresso di Gazprom nella società che gestirà il pozzo petrolifero libico Elephant; e l'intesa sull'ampliamento di capacità del gasdotto South Stream, che consentirà il trasporto di gas verso l'Europa, evitando il transito in alcuni Paesi critici come l'Ucraina. L'ampliamento del gasdotto prevede di aumentarne la capacità dai 31 miliardi di metri cubi di portata previsti inizialmente a 47 miliardi. «Visto che si tratta di accordi strategici», ha spiegato Paolo Scaroni, «bisogna aspettare quando ci sarà un incontro fra il premier russo Vladimir Putin e Berlusconi», un evento che, secondo il calendario diplomatico, è previsto a fine mese. Rinviata all'incontro tra i due governi anche l'intesa per l'ingresso di Gazprom in ArticRussia, la società in cui sono stati parcheggiati gli asset ex Yukos nel gas, che è controllata da Severenergia, joint venture costituita da Eni (60%) ed Enel (40%). Gazprom dovrebbe esercitare un'opzione call sul 51% per circa un miliardo di dollari (le due aziende italiane pagarono circa 2 miliardi per l'intero capitale al momento dell'acquisto degli asset ex Yukos), limitando così al 30% la quota Eni e al 20% quella di Enel. La missione moscovita per i vertici di Eni ha comunque portato anche novità: la società italiana ha siglato con Rosneft (petrolio) un protocollo di collaborazione nei settori upstream e della raffinazione in Russia e all'estero. Ed è stata firmata anche una serie di accordi di collaborazione con le principali società energetiche russe (Inter Rao Ues, Transneft e Stroytransgas) con le quali Eni avvierà un programma di cooperazione che riguarderà vari ambiti del settore energetico. (da "Milano Finanza")

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