Per lo scienziato inglese David King le emissioni sono un pericolo da combattere subito, dice il Corriere della Sera
«T agliare le nostre emissioni di CO 2 non significa affatto limitare la nostra crescita economica.A patto che si agisca in fretta». Parola di David King, 69 anni, ex consigliere scientifico capo del Governo di Tony Blair e direttore della Smith school of enterprise and the enviroment presso l'Università di Oxford. L'affermazione può far saltare più di uno sulla sedia, visto che durante il suo incarico governativo, nel 2004, King aveva infranto ogni regola del politically correct affermando che il cambiamento climatico indotto dalle emissioni di CO2 rappresenta un pericolo più grave e impellente di qualsiasi minaccia terroristica.La sua visione non si è affatto ammorbidita e la sua parola d'ordine resta "de-carbonize", tagliare le emissioni, in fretta e senza abbattere la produzione. Lo spiega nella sua ultima fatica in uscita il prossimo 4 ottobre: «Una questione scottante. Cosa possiamo fare contro il riscaldamento globale» (Codice, 25 euro) scritto a quattro mani con Gabrielle Walker, giornalista del «New Scientist». Tagliare le emissioni è urgente – sono aumentate del 70% negli ultimi 30 anni toccando nel 2004 oltre 49 miliardi di tonnellate a livello globale – ma abbassare la concentrazione di CO 2 a quelle 450 ppm previste dagli scenari dell'Ipcc non va visto come un sacrificio.«È tutta una questione di tempi – osserva King – perché nel settore energetico si sceglie su quali tecnologie investire con cicli di 30- 40 anni, necessari per l'ammortamento degli impianti». Per questa ragione nel 2003 King uscì allo scoperto dichiarando il suo sostegno a un rilancio dell'energia nucleare in Gran Bretagna. La sua visione vede il nucleare come soluzione immediata, in grado di tagliare immediatamente le emissioni e fornire Kw in abbondanza, permettendo di preparare la prossima generazione di fotovoltaico e rinnovabili ad alta efficienza.Per King il nucleare è la prima mossa da fare sulla scacchiera energetica perché è l'unica tecnologia matura e pronta all'uso che può aumentare rapidamente i MegaWatt disponibili nella rete elettrica, tagliando allo stesso tempo le emissioni di CO 2 . Un'altra opportunità, per chi non vuole investire nel nucleare, è sostituire le centrali a carbone, il peggiore tra i combustibili fossili, con quelle a gas naturale, la più virtuosa tra le fonti a base di carbonio. «È un'opportunità da cogliere ora – afferma – perché le altre fonti energetiche, in particolare il solare, sono estremamente interessanti, ma il fotovoltaico che vediamo oggi è ancora in una fase sperimentale ed economicamente non competitiva se non disponesse di incentivi».L'idroelettrico è attualmente la più grande di tutte le fonti rinnovabili di cui rappresenta il 90% e assicura il 5% del fabbisogno energetico globale, ma la sua espansione ha un grandissimo impatto ambientale. Inoltre, i bacini d'acqua poco profonda che spesso si vengono a creare si teme diventino una fonte di metano, il cui effetto serra è ancora maggiore della CO 2 . Per quanto riguarda l'eolico i tassi di crescita degli impianti sono in piena impennata con aumenti fino al 40% l'anno negli Usa e in Europa dal 2005. Uno studio ha previsto che entro il 2030 il vento potrebbe generare oltre 126mila TeraWatt-ora di energia, circa tre volte il fabbisogno globale. «Ma è essenziale che si sviluppino impianti compatibili con il paesaggio e poco rumorosi».Ragionare sull'energia significa pensare a tempi lunghi e il mix che lo scienziato britannico si immagina nel prossimo decennio è molto diverso da quello che abbiamo oggi. «I Paesi più lungimiranti – dice King – stanno già incentivando la riconversione degli edifici verso architetture energeticamente più efficienti», osserva. Un esempio è l'auditing energetico applicato a Londra che permette di incorporare nel valore dell'immobile anche il suo consumo energetico nell'arco dell'anno. «Questi provvedimenti mirano anche a scoraggiare edifici completamente in vetro, belli da vedere ma energeticamente assurdi perché con alti costidi condizionamento d'estate e di riscaldamento d'inverno». Nell'arco dei prossimi 15 anni lo scienziato prevede però che capiremo come catturare una parte consistente di quell'energia solare che in un'ora scarica sulla Terra migliaia di volte il nostro consumo annuo. «Il fotovoltaico di prossima generazione sarà un mix di silicio, ceramica e nanotecnologie praticamente ubiquitario in tutti gli edifici, che a quel punto, utilizzando anche l'energia geotermica, diventeranno praticamente autosufficienti se non produttori di energia».Nel 2050 potrebbero entrare in produzione anche reattori a fusione derivati dall'impianto sperimentale in preparazione nel sito di Cadarache, in Francia. La rete elettrica sarà invece la principale fonte di approvvigionamento dei trasporti, dalle auto ai treni.Non mancano però i punti critici nello scenario ipotizzato da King. L'energia e l'ambiente sono al centro dei dibattiti, ma negli Usa la spesa in ricerca nel campo della produzione energetica è di appena lo 0,5% del fatturato del settore, contro il 3,3% dell'industria automobilistica, il 15% della farmaceutica e l'8,5% dell'elettronica. Per questo l'Iea, l'Agenzia internazionale per l'energia, prevede che da oggi al 2030 dovranno essere investiti almeno 20 milioni di miliardi di dollari per far fronte alla fame globale di MegaWatt.
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