lunedì 20 ottobre 2008
Gas serra, continua la schiavitù da petrolio
Secondo l'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), la task-force delle Nazioni Unite che si occupa del mutamento climatico globale, il parere della scienza è inequivoco: le attività umane stanno producendo cambiamenti nel clima della Terra, con conseguenti rischi per l'ambiente e per la qualità della vita. Dal 1970 a oggi, la temperatura media del pianeta è aumentata di circa mezzo grado Celsius. Una delle ripercussioni riguarda i fenomeni metereologici, che in molte aree del mondo sono diventati più violenti ed estesi.È altamente probabile che anche le risorse di acqua dolce - forse la nostra risorsa naturale più preziosa e degradata - diventeranno sempre più scarse. In regioni come l'Africa subsahariana, per le quali i modelli climatici prevedono una riduzione della piovosità, l'impatto negativo sui raccolti e conseguentemente sulla sicurezza alimentare, sulla disponibilità di acqua e di materiali di base per le abitazioni potrebbe essere catastrofico.Il principale fattore che contribuisce al cambiamento climatico è il biossido di carbonio (CO₂), noto ai più come anidride carbonica, rilasciato nei processi di consumo di combustibili fossili. Le emissioni di anidride carbonica hanno raggiunto nel 2004 la quota di 29 miliardi di tonnellate e continuano ad aumentare, come rivelano le analisi sulla concentrazione di CO₂ nell'atmosfera.Nel Sud-Est asiatico e in Nord Africa le emissioni di gas serra sono più che raddoppiate tra il 1990 e il 2004. Se si considera il tasso di emissioni pro capite, i Paesi in via di sviluppo continuano a produrre molti meno gas serra rispetto ai Paesi industrializzati. La media dei Paesi ricchi è di 12 tonnellate a persona, mentre l'Asia Occidentale (la regione con i tassi più alti tra quelle in via di sviluppo) non arriva alla metà di questa cifra. E un abitante dell'Africa subsahariana produce meno di un decimo della CO₂ emessa da un cittadino di un paese industrializzato.Sebbene i consumi energetici non cessino di espandersi (sono aumentati del 20% dal 1990 a oggi), sono stati compiuti sensibili progressi nella ideazione e nell'applicazione di tecnologie a minor impatto ambientale. Attualmente l'energia da fonti rinnovabili tradizionali (principalmente idroelettrico e biocarburanti) rappresenta circa il 12% della produzione energetica complessiva. Lo sviluppo delle cosiddette "nuove rinnovabili" (tecnologie da fonti rinnovabili più moderne e a impatto ambientale ancora minore quali solare, eolico, biocarburanti, geotermico ecc.) è decuplicato negli ultimi decenni, ma conta a tutt'oggi ancora soltanto per lo 0,5% dei consumi energetici totali.Lo scenario realistico del prossimo futuro prevede ancora la dipendenza dai combustibili fossili. Occorre però una forte azione internazionale per accelerare la transizione verso un regime energetico nuovo, basato su fonti più pulite ed efficienti. (Da Unicef.it)
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