giovedì 30 ottobre 2008

Se l’asfalto "mangia" lo smog e diventa amico dell’ambiente

Il vecchio asfalto, quel concentrato di roccia calcarea e derivati del petrolio, è diventato a sorpresa il migliore amico dell’ambiente. Miracoli delle fiammate del greggio che stanno convertendo l’industria del bitume alle regole del business verde. Una pennellata di polverina cristallina, biossido di titanio, trasforma le code di auto ai caselli in piccole praterie "mangia smog". Mentre tutto il manto stradale (preferibilmente riciclato) assorbe energia solare e produce chilowattora sostenibili. E ancora il sale dormiente, nascosto tra le pietre porose, nella pancia di piccole e grandi infrastrutture, che si sveglia al primo gelo sciogliendo il ghiaccio. E poi pavimenti senza bitumi, composti invece di materiali inerti e soprattutto "freddi", per combattere la calura estiva nelle città. Progetti in cantiere e innovazioni già calpestabili con le quattro ruote. Tutti temi all’ordine del giorno in casa delle imprese dell’asfalto italiano, il secondo mercato in Europa con una produzione annua di 40 milioni di tonnellate, un giro d’affari di 3,5 miliardi e 500 mila addetti, che passeranno in rassegna nel corso di Asphaltica, il Salone interamente dedicato alla filiera dell’asfalto che si terrà dal 27 al 29 novembre alla Fiera di Padova. «Calano gli investimenti per le grandi opere, mentre schizzano i costi delle materie prime. La risposta per evitare il declino è la sostenibilità ambientale. Un percorso che le imprese italiane hanno imboccato da tempo, attrezzando i laboratori di ricerca e sviluppo, aumentando la spesa per l’innovazione», racconta Stefano Ravaioli direttore generale di Siteb, l’associazione di categoria, con orgoglio ma anche con amarezza. Perché «la pubblica amministrazione è rimasta indietro. Nei capitolati d’appalto mancano spesso riferimenti a soluzioni ecocompatibili. Il patrimonio di know how e ricerca rischia di restare in bottega. Aumentando, a caro prezzo, la nostra dipendenza dal petrolio». Un dato su tutti: negli Stati Uniti l’80% della rete stradale è ricavata da asfalto riciclato, in Italia solo il 20% contro una capacità almeno doppia. «Le normative non ci aiutano. Nel corso della sua vita su strada, l’asfalto assorbe inquinanti di ogni genere. Da qui le preoccupazioni delle amministrazioni e degli ambientalisti che hanno reso difficile, se non impraticabile, il riciclo. Un errore perché con la ripulitura del materiale grattiamo via tutta la superficie "sporca"».Ma il pioniere della sgommata anti CO2 è Claudio Terruzzi, amministratore delegato della Global Engeneering, azienda lombarda, che ha brevettato nel 2002 l’asfalto "mangia smog". Si tratta di ecorivestimenti in ossido di titanio che, una volta applicati al manto stradale, consentono di abbattere 32 tonnellate di inquinanti l’anno, quantità emessa da 15 mila veicoli. Il risultato è reso possibile dal processo di fotocatalisi che si attiva grazie all’azione combinata di luce e aria, decomponendo monossodi di carbonio e affini in agenti innocui, come sali minerali e calcare. E dopo la diffidenza iniziale, ora il business incomincia a girare: a Milano queste idropitture sono state utilizzate per 70 mila metri quadri di pareti interne di Rho Pero, il parcheggio Atm di Famagosta, e poi a Segrate, a Cesena, Brescia, Cinisello Balsamo. e su un tratto della statale di Ortisei, a Bolzano. Ativa, la società che gestisce le tangenziali di Torino e le autostrade che portano dal capoluogo piemontese a Ivrea, Santhià e Pinerolo, ha sposato già dal 2006 l’asfalto mangia smog, realizzando il primo casello autostradale ecoattivo del mondo a Beinasco, alle porte di Torino. (da Affari & Finanza)

1 commento:

Anonimo ha detto...

L'asfalto "mangia smog" dovrebbe essere oggi una realtà diffusa. Nel 2004 è stato infatti raccomandato da un decreto ministeriale (1 aprile 2004) ed incentivato dalla regione Lombardia con contributi agli enti (delibera 22 ottobre 2004)!! Come mai è così ancora poco conosciuto?