venerdì 31 ottobre 2008

Energia solare con il turbo

Un nuovo materiale potrebbe presto soppiantare il silicio nella costruzione dei pannelli solari. Si chiama Cigs ed è un composto a base di rame, indio, gallio e selenio. A parità di spessore è in grado di assorbire più radiazione solare del silicio e manifesta maggiore duttilità: infatti può essere prodotto in lamine sottili, con una tecnologia innovativa utile per la realizzazione di pannelli pieghevoli, flessibili e leggeri. A scommettere sul Cigs, per realizzare un prototipo di pannello solare e un piccolo impianto di produzione energetica, sono il dipartimento di Scienza dei materiali dell'università di Milano Bicocca e la Voltasolar di Como. Investimento previsto: circa 600 mila euro. Ma l'ottimizzazione di un processo per la produzione di pannelli solari a film sottile abbatterebbe gli attuali costi di produzione. Inoltre i pannelli in film Cigs hanno un ridotto pay-back energetico (il tempo necessario per produrre una quantità di energia pari a quella spesa per fabbricarli): 4 mesi, contro i 3 anni di quelli al silicio. (Da L'Espresso)

Premiata la sostenibilità ambientale dei Comuni

Un premio per la sostenibilità ambientale dei comuni. L'iniziativa, frutto della partnership tra Ancitel e il sistema Habitat Saint-Gobain e presentata all'assemblea Anci di Trieste, punta a sensibilizzare i comuni sul tema dell'efficienza energetica degli edifici. Il premio si pone l'obiettivo di valorizzare tre ambiti chiave: edilizia abitativa comunale, edilizia comunale non abitativa, azioni di programmazione energetica e ambientale a livello comunale o sovracomunale per la promozione dell'efficienza e del risparmio energetico. (Da Italia Oggi)

giovedì 30 ottobre 2008

Se l’asfalto "mangia" lo smog e diventa amico dell’ambiente

Il vecchio asfalto, quel concentrato di roccia calcarea e derivati del petrolio, è diventato a sorpresa il migliore amico dell’ambiente. Miracoli delle fiammate del greggio che stanno convertendo l’industria del bitume alle regole del business verde. Una pennellata di polverina cristallina, biossido di titanio, trasforma le code di auto ai caselli in piccole praterie "mangia smog". Mentre tutto il manto stradale (preferibilmente riciclato) assorbe energia solare e produce chilowattora sostenibili. E ancora il sale dormiente, nascosto tra le pietre porose, nella pancia di piccole e grandi infrastrutture, che si sveglia al primo gelo sciogliendo il ghiaccio. E poi pavimenti senza bitumi, composti invece di materiali inerti e soprattutto "freddi", per combattere la calura estiva nelle città. Progetti in cantiere e innovazioni già calpestabili con le quattro ruote. Tutti temi all’ordine del giorno in casa delle imprese dell’asfalto italiano, il secondo mercato in Europa con una produzione annua di 40 milioni di tonnellate, un giro d’affari di 3,5 miliardi e 500 mila addetti, che passeranno in rassegna nel corso di Asphaltica, il Salone interamente dedicato alla filiera dell’asfalto che si terrà dal 27 al 29 novembre alla Fiera di Padova. «Calano gli investimenti per le grandi opere, mentre schizzano i costi delle materie prime. La risposta per evitare il declino è la sostenibilità ambientale. Un percorso che le imprese italiane hanno imboccato da tempo, attrezzando i laboratori di ricerca e sviluppo, aumentando la spesa per l’innovazione», racconta Stefano Ravaioli direttore generale di Siteb, l’associazione di categoria, con orgoglio ma anche con amarezza. Perché «la pubblica amministrazione è rimasta indietro. Nei capitolati d’appalto mancano spesso riferimenti a soluzioni ecocompatibili. Il patrimonio di know how e ricerca rischia di restare in bottega. Aumentando, a caro prezzo, la nostra dipendenza dal petrolio». Un dato su tutti: negli Stati Uniti l’80% della rete stradale è ricavata da asfalto riciclato, in Italia solo il 20% contro una capacità almeno doppia. «Le normative non ci aiutano. Nel corso della sua vita su strada, l’asfalto assorbe inquinanti di ogni genere. Da qui le preoccupazioni delle amministrazioni e degli ambientalisti che hanno reso difficile, se non impraticabile, il riciclo. Un errore perché con la ripulitura del materiale grattiamo via tutta la superficie "sporca"».Ma il pioniere della sgommata anti CO2 è Claudio Terruzzi, amministratore delegato della Global Engeneering, azienda lombarda, che ha brevettato nel 2002 l’asfalto "mangia smog". Si tratta di ecorivestimenti in ossido di titanio che, una volta applicati al manto stradale, consentono di abbattere 32 tonnellate di inquinanti l’anno, quantità emessa da 15 mila veicoli. Il risultato è reso possibile dal processo di fotocatalisi che si attiva grazie all’azione combinata di luce e aria, decomponendo monossodi di carbonio e affini in agenti innocui, come sali minerali e calcare. E dopo la diffidenza iniziale, ora il business incomincia a girare: a Milano queste idropitture sono state utilizzate per 70 mila metri quadri di pareti interne di Rho Pero, il parcheggio Atm di Famagosta, e poi a Segrate, a Cesena, Brescia, Cinisello Balsamo. e su un tratto della statale di Ortisei, a Bolzano. Ativa, la società che gestisce le tangenziali di Torino e le autostrade che portano dal capoluogo piemontese a Ivrea, Santhià e Pinerolo, ha sposato già dal 2006 l’asfalto mangia smog, realizzando il primo casello autostradale ecoattivo del mondo a Beinasco, alle porte di Torino. (da Affari & Finanza)

Energie rinnovabili per la valorizzazione delle isole minori

Il protocollo d’intesa siglato nel mese di febbraio da Legambiente e Ancim (Associazione Nazionale Comuni Isole Minori), per la protezione e lo sviluppo sostenibile, rappresentava un avanzato punto di incontro per affrontare in maniera innovativa le sfide ambientali e sociali che hanno di fronte le isole minori italiane. Il confronto riguardante l’energia delle piccole isole, sulla carta, era stato molto promettente, ma cosa è realmente cambiato dopo questo accordo?
Legambiente sostiene che nonostante il protocollo Dupim (documento unitario programmatico isole minori) sia stato siglato, nell’isola di Capri le amministrazioni comunali remano in direzione opposta. Nella regione Campania molti comuni isolani, tra cui Anacapri, stanno conducendo una battaglia contro i pannelli solari, mentre pensate che a Capri è ancora in funzione una inquinantissima centrale elettrica a gasolio!
L’ultimo Dupim ha dato la possibilità di ottenere finanziamenti per i Comuni isolani che avessero presentato progetti volti alla sostenibilità ambientale: pensate che nessuno dei due comuni dell’Isola di Capri ha presentato alcun progetto, perdendo così un’ottima occasione. In passato inoltre sono stati erogati fondi per finanziare opere – tuttora in progress – che avrebbero dovuto migliorare il profilo ambientale dell’isola: ma mentre a Capri da anni si cerca di partire con la costruzione di un’isola ecologica, nel comune gli stessi fondi vengono utilizzati per scopi diversi. (dal sito yeslife.it)

mercoledì 29 ottobre 2008

Ortis: «Ambiente, il piano Ue peserà anche sulle bollette»

Sul Sole 24 Ore il presidente dell'Autorità dell'energia

Si è detto che la politica ambientale europea, e quella del «20-20-20» messa nel mirino dal governo Berlusconi, avrà costi difficilmente sopportabili dalle imprese. Ma non sarà una passeggiata neppure per i consumatori, se si dà retta al presidente dell'Autorità per l'energia, Alessandro Ortis: «Al di là dei diversi scenari prospettati dalla Commissione o dall'esecutivo — spiega — una ricaduta sui costi per le imprese e per le famiglie ci sarà, tenuto conto che nel nostro attuale sistema la "componente energia" pesa per oltre il 60% sulle bollette». Secondo alcune stime su cui l'Autorità al momento preferisce non pronunciarsi, se venisse confermata l'intenzione di far pagare le quote di emissione l'impatto sulle bollette finali potrebbe arrivare addirittura al 10% per il periodo successivo al 2012.Il 20-20-20 europeo avrà i suoi costi ma anche ricadute positive, dice la commissione Ue. Ma chi sosterrà i primi e beneficerà dei secondi? «La difesa dell'ambiente è un obiettivo da perseguire, ma occorre però riflettere se davvero gli attuali provvedimenti europei portino a ricadute positive in termini di "sviluppo sostenibile". L'esperienza maturata fino a oggi ha dimostrato che a fronte di obiettivi di riduzione dei gas serra sfidanti ed onerosi per l'Europa, il non impegno degli Stati Uniti e il forte aumento delle emissioni di giganti come la Cina e l'India, hanno di fatto vanificato i risultati conseguiti».Ma non si può vietare a Cina e India di crescere e ambire a migliori condizioni di vita, non crede? «Ciò che accennavo prima, però, è accaduto non solo per soddisfare, giustamente, la domanda interna di Paesi emergenti ma anche per effetto di produzioni delocalizzate proprio negli stessi paesi che fino ad ora si sono sottratti a limiti e vincoli ambientali di tipo europeo».Nel frattempo ci siamo dimenticati che al 2012 scadrà l'impegno di Kyoto, dove l'italia è parecchio indietro. Di nuovo, chi pagherà il possibile sforamento di quegli obiettivi, sempre i consumatori in bolletta? «Lo scorso anno, in un'audizione alla Commissione ambiente della Camera, avevamo già evidenziato come gli impegni ambientali assunti dall'Italia nel settore elettrico destassero preoccupazione. Il meccanismo di "emission trading", nell'attuale ripartizione, rischia infatti di tradursi in un aggravio dei prezzi medi fino a 5 euro per megawattora nel periodo 2008-2012 sul mercato all'ingrosso dell'energia».L'alternativa è semplicemente ridurre o addirittura fermare l'impegno europeo su fronte delle rinnovabili e della CO2? Ma se lo farà l'Europa cosa accadrà con gli Stati Uniti e la Cina, i maggiori «inquinatori»? «La lotta ai cambiamenti climatici è un problema globale. La risposta, dunque, non può che essere altrettanto globale, coinvolgendo tutti i continenti, tutti i settori, non solo energetici, e tutti i meccanismi di interscambio. Ciò significa che gli strumenti finora messi in campo vanno aggiornati ».Facile a dirsi più difficile a farsi.. «Ripropongo una mia idea: invece che insistere su misure unilaterali "cap and trade" (ovvero porre un limite massimo alle emissioni e commerciare le quote assegnate, ndr), basate in Europa sulle emissioni dei singoli Stati, si potrebbe valutare un approccio integrato, a livello internazionale, di politiche ambientali e commerciali che scoraggi forme di "dumping" ambientale e che, con accordi a livello Wto, guardi anche al "contenuto di Co2" dei prodotti finali che sono messi in commercio».

L’energia responsabile secondo Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni

Energie rinnovabili: serve una rivoluzione copernicana

Da Liberazione

Mentre continua ad infuriare, malgrado le immissioni di liquidità di migliaia di miliardi di dollari, di euro e di yen, la crisi dei mercati finanziari e si sviluppa in Europa e in Italia un largo confronto sulle misure della UE contro la crisi ambientale gli articoli di Alfonso Gianni e di Marcello Cini sottolineano che "questo è il momento per la sinistra di costruire e fare valere una propria visione del futuro e della società che sia contemporaneamente la ricetta di fondo per uscire da questa crisi". Partendo da queste premesse vorrei fare alcune considerazioni che continuano un impegno di mie riflessioni e di proposte a cui Liberazione in passato ha dato spazio. Nel XX secolo le grandi rivoluzioni leniniste della Russia, della Cina, del Vietnam fino ad arrivare al Sud Africa ed ora all'America Latina, sono avvenute sulla base dell'alleanza degli operai e dei partiti che li rappresentavano con le sterminate masse contadine che sono state protagoniste sia della rivoluzione d'Ottobre sia della Lunga Marcia di Mao. Rivoluzioni che hanno posto fine ad un periodo della storia iniziato nel 1492 che ha dato all'occidente il dominio del mondo: la globalizzazione colonialista del genocidio degli indiani d'America, della tratta degli schiavi neri, della guerra dell'oppio e in ultimo all'apartheid del Sud Africa. Queste grandi rivoluzioni non ci hanno portato "sulla luna" di una società socialista quale noi sognavamo ma hanno certamente redistribuito ricchezze e poteri tra i principali raggruppamenti nazionali del mondo. Una società multipolare. Del resto anche la grande rivoluzione francese è riuscita sì ad aprire la strada alla libertà di commercio e di impresa e al diritto dei sudditi a farsi riconoscere come cittadini ma non a fare grandi progressi sulla strada dell'egalité e della fraternité. L'altra grande crisi sistemica che è maturata, anche a causa dell'entrata di grandi popoli ex coloniali nella modernità, è quella di un sistema di capitalismo industriale basato sulle energie fossili: il carbone dell'800 che ha sostituito le vele con i piroscafi le diligenze con le ferrovie, i telai meccanici etc. Questa svolta tecnologica è stata alla base anche dello sviluppo della classe operaia e della cultura dell'organizzazione politica che, a partire da Il Manifesto di Marx ed Engels, si è sviluppata a cominciare dai paesi più industrializzati.Alla fine dell'800 è cominciata l'era del petrolio, iniziata negli USA, la cui prorompente diffusione è stata lucidamente avvertita dal fondo di un carcere fascista da Antonio Gramsci con i suoi scritti su "americanismo e fordismo" e che, dopo la II guerra Mondiale, si è diffusa in tutti i paesi occidentali costituendo la base dell'egemonia americana.Dopo due secoli di straordinario sviluppo industriale che ora si estende a quasi tutto il mondo questo modello basato sulle energie fossili si è rivelato, come Marcello Cini ricorda e come centinaia di scienziati hanno nel corso degli ultimi decenni sottolineato e i primi grandi disastri ambientali dimostrano, insostenibile in quanto attraverso questi processi produttivi vengono rimmessi nell'atmosfera composti di carbonio e di altre sostanze che l'evoluzione naturale nel corso di milioni di anni aveva sottratto dall'atmosfera e immagazzinato nelle profondità della terra rendendola vivibile come oggi la conosciamo. Non riconoscere la necessità della fine di questo periodo storico dell'umanità significa, specie per chi vuole comunque collegarsi alle analisi del materialismo storico, porsi fuori dalla realtà e quindi fuori da ogni possibilità di influire sull'economia e sulla politica di ogni paese. A mio avviso la crisi del movimento No Global è dovuta principalmente al fatto di non avere posto al centro della giusta critica alla globalizzazione capitalistica questo elemento di debolezza fondamentale del sistema economico basato sul profitto che costituisce, oggi nel XXI secolo, "l'anello più debole della catena". In questo quadro si colloca l'attuale crisi dell'egemonia americana (si rilegga il libro di Immanuel Wallerstein Il declino dell'America) che è cominciata con la sconfitta del Vietnam e si conclude oggi con la crisi finanziaria di Wall Street che non pochi commentatori hanno paragonato alla caduta del muro di Berlino. L'avvento di un sistema unipolare al posto dell'equilibrio del terrore atomico bipolare, che aveva caratterizzato la seconda metà del secolo scorso, è durato in termini storici lo "spazio di un mattino". I due colossi che si sono svenati nel corso della guerra fredda hanno perso entrambi la loro egemonia: simul stabant et simul cadunt. Partendo dall'analisi di queste tre crisi: globalizzazione coloniale, crisi ambientale e crisi dell'egemonia americana, si può avviare la ricerca di linee nuove di azione per la sinistra italiana, europea e globale. La crisi ambientale è di tale portata che pur in un periodo dominato dal pensiero e dalla pratiche neoliberiste a livello mondiale ad iniziativa soprattutto di alcuni paesi dell'Ue, con forte presenza ambientalista, e dell'Unione nel suo complesso è stata avviata una contrattazione a livello mondiale sfociata negli accordi di Kyoto che prevedono in linea di principio un intervento degli Stati nell'economia per ridurre le emissioni inquinanti al fine di evitare il disastro ambientale. La storia di queste trattative è estremamente significativa per l'azione che l'America ha svolto, prima con Clinton, che ha subordinato la sua firma degli accordi all'abbassamento dei vincoli inizialmente proposti e poi del suo successore Bush che si è rifiutato di riconoscere il patto firmato dal suo predecessore. Questo fatto ha un grande rilievo sia per individuare il ruolo degli Usa nella battaglia contro l'effetto serra sia per sottolineare il loro isolamento visto che, anche per l'adesione della Russia di Putin, è stato raggiunto il quorum di paesi e di emissioni necessarie per l'entrata in vigore degli accordi (Berlusconi imitando Bush nel suo attacco di questi giorni agli accordi di Kyoto ha affermato che li contesta perchè sono firmati dal governo Prodi).Ma la crisi ambientale continua ad andare avanti e quindi la Ue è stata costretta a stabilire un altro giro di vite (il 20-20 e 20) che ha scopi tecnici immediati ma ha, dal punto di vista politico, un valore alto per rafforzare il peso della UE nella trattativa che si va ad iniziare a livello mondiale per i nuovi e più performanti accordi tipo Kyoto, con la partecipazione questa volta anche della Cina, dell'India e degli Stati Uniti. Il programma elettorale di Obama, prevede l'annullamento delle importazioni di petrolio dal Medio Oriente e incentivi alle energie alternative capaci di creare 5 milioni di nuovi posti di lavoro non delocalizzabili, e gli Usa e la Cina stanno raggiungendo la Germania nei primi posti tra i paesi produttori di energia eolica.Può la sinistra non essere presente con il suo radicalismo necessario in questo dibattito e in questa battaglia decisiva per la difesa dell'ambiente e per la costruzione di una nuova società? Qui un'ultima riflessione. Il passaggio dalle fonti fossili alle fonti rinnovabili è un passaggio epocale come l'avvio della rivoluzione industriale basata sul carbone, sul petrolio e sulle altre energie fossili. Questo passaggio ha già effetti positivi in paesi come la Spagna, la Germania, la Danimarca etc. e più li avrà in futuro sull'occupazione, sullo sviluppo industriale, sulla bilancia dei pagamenti ed anche sul famigerato PIL. Siccome il sole, il vento sono a disposizione di tutti e non sono quotati in borsa si va determinando una redistribuzione di poteri all'interno del sistema economico e quindi anche del sistema politico. E quindi si possono creare le condizioni per nuovi rapporti sociali e politici. Naturalmente è ovvio che i poteri forti, ancorati al vecchio sistema, si oppongano in ogni modo, anche confondendo le acque attraverso i mass media, a questa trasformazione radicale del sistema energetico. E' ovvio, altresì, che un governo come quello di Berlusconi assuma posizioni retrograde come il ritorno al nucleare già condannato dal popolo italiano con il referendum dell'8 e 9 novembre 1987 e l'attacco alle proposte ambientaliste del Parlamento Europeo con l'inquietante compagnia di viaggio di poco raccomandabili residui del Patto di Varsavia. Perciò è necessario uno sviluppo non solo culturale, non solo di mobilitazioni di massa in varie manifestazioni ma anche di un'organizzazione che concretamente si inserisca nel processo di trasformazione energetica. Per fare un esempio: Alfonso Gianni ricorda che il governo Prodi ha, stavolta ben consigliato, trasferito nella legislazione italiana, con un suo provvedimento sul Conto Energia per gli impianti fotovoltaici, i principi già vigenti da oltre un decennio, in Germania. Questo ha portato già ad alcuni modesti risultati ma afferma il diritto per tutti i cittadini italiani di costruire sul tetto della propria casa un impianto solare fotovoltaico capace di produrre tutta l'energia necessaria liberando così le famiglie dalle bollette sia della luce che del gas e addirittura fornendo un diritto a ricevere un pagamento per l'energia in esubero immessa in rete. Una possibile rivoluzione copernicana del sistema energetico che interessa un terzo di tutti i consumi energetici del paese. Difendere e realizzare questo diritto, che sarà certamente insidiato dal governo Berlusconi, (assieme al risparmio e alle altre energie rinnovabili) è una delle sfide fondamentali per lo sviluppo anche democratico del nostro paese.

martedì 28 ottobre 2008

Costruire ecosostenibile ora è possibile

Le tematiche ambiente ed ecosostenibili saranno protagoniste, dal 13 al 16 novembre 2008 alla "Nuova Fiera di Roma", della seconda edizione di "Expoedilizia", Fiera professionale per l’edilizia e l’architettura, che andrà ad affiancarsi alla terza di Site, il salone dell’Impiantistica termoidraulica ed elettrica. Organizzate da Ros, società partecipata da Fiera di Roma e da Senaf, le due manifestazioni, rivolte in particolare agli operatori del centro e sud Italia e alle quali saranno presenti oltre 800 aziende, saranno un contenitore di idee e di innovazioni al servizio dell’intera filiera delle costruzioni. Il tutto con una particolare attenzione a quelle soluzioni che puntano alla sostenibilità ambientale. «L’architettura contemporanea — confermano gli organizzatori — pone infatti al centro dell’attenzione degli operatori l’impiego di soluzioni che al contempo consentano di rispettare l’ambiente e migliorare l’efficienza energetica degli edifici. Per questo, in fase di progettazione, la scelta di ogni singolo elemento deve essere opportunamente pianificata: dall’isolamento con materiali traspiranti all’utilizzo di intonaci, malte e pitture realizzate con materie prime naturali, dai serramenti che garantiscono l’isolamento sino all’installazione di impianti per le energie alternative».

Il riciclo è eco-efficiente

Il ricliclo fa bene all’ambiente e è una risorsa per il sistema Paese. E’ stato presentato, presso il Senato della Repubblica - Sala dell’ex Hotel Bologna - “Il riciclo ecoefficiente - Performance e scenari economici, ambientali ed energetici”, un volume sull’economia del riciclo nel mercato globale, curato da Duccio Bianchi, dell’Istituto di ricerche Ambiente Italia, nell’ambito del Kyoto Club e promosso da Cial, Cobat, Comieco, Coou, Cna, Corepla, Federambiente, Fise Uniree, e Mp Ambiente. Lo studio analizza le performance dell’industria del riciclo, una vera e propria “industria nell’industria”, che nel 2007 è cresciuta a un ritmo pari al 17,2%, in netta controtendenza rispetto agli altri comparti, e tra il 2000 e il 2005 ha visto aumentare le imprese del 13% (sono circa 2.500 in totale) e gli occupati del 47% (al 2005 erano circa 13.000). Le attività di recupero e riciclo costituiscono oggi una risorsa fondamentale del sistema industriale, a livello italiano e internazionale. Negli ultimi anni si è assistito a un vero e proprio “boom” della commercializzazione delle “materie prime secondarie” e, grazie agli effetti della globalizzazione dei mercati, alla nascita di un flusso di esportazione di queste ultime verso i Paesi emergenti (Cina e India fra tutti). 52 milioni di tonnellate di rifiuti avviati a riciclo e recupero. (Da L'Opinione)

lunedì 27 ottobre 2008

Curare l’ambiente con l’Environmental Health Clinic di New York

Dal sito yeslife.it

Nasce a New York l’Environmental Health Clinic di New York, una vera e propria clinica per la cura dell’ambiente. Avete qualche preoccupazione ambientale? Prendete un appuntamente e vi verrà prescritta la cura!
La scorsa settimana sono stato alla Participatory Design Conference a Bloomington, Indiana. Lì ho avuto la possibilità e la fortuna di conoscere Natalie Jeremijenko, direttrice della “Environmental Health Clinic” di New York City e sentendola parlare del progetto della clinica e di tutto ciò che la clinica porta avanti ho subito capito come fosse qualcosa di interesse per Yes.life, in quanto il progetto si propone di tradurre in maniera originale e interessante le preoccupazioni ambientali di ognuno di noi in azioni ecosostenibili. La clinica funziona come un vero e proprio ospedale: nel momento in cui un cittadino ha una preoccupazione ambientale si rivolge alla clinica, prende un appuntamento e ne esce con una prescrizione per l’azione, che parta da un approccio alla salute come dipendente dall’ambiente locale invece che esclusivamente dipendente dalla biologia interna o dalla predisposizione genetica.

Casa, con l'isolamento si risparmia il 50%

Il Sole 24 Ore intervista Peter Erlacher, 56 anni, docente all'università di Bolzano

«È inutile andare a caccia di energie alternative se prima non si investe nel risparmio energetico». Per Peter Erlacher, 56 anni,docente all'università di Bolzano di fisica tecnica ed edilizia sostenibile, non è al fotovoltaico che dovrebbero puntare le politiche di risparmio energetico ma piuttosto a diminuire i consumi di energia che, ad esempio, con l'isolamento delle abitazioni,potrebbero ridursi di almeno il 50 per cento. «Bisogna partire – spiega – dal bisogno di energia che abbiamo sul territorio. La domanda di energia elettrica (quella, per intendersi,che viene prodotta dai pannelli fotovoltaici, ndr) rappresenta il 15% del totale dei consumi nel solo settore residenziale. Parlare di fotovoltaico significa dunque puntare a coprire solo il 15% del fabbisogno energetico nazionale con la necessità ulteriore di una grande superficie disponibile per l'installazione dei pannelli ».Ci può fare un esempio?Una famiglia consuma mediamente 3mila kwh l'anno di energia elettrica. Per arrivare a produrre questa quantità di energia con il fotovoltaico occorrerebbero circa 15 mq di pannelli. Il che se può essere fattibile nelle abitazioni monofamiliari come, ad esempio, le ville, diventa più difficile per le case condominiali con anche 40 famiglie dove per rispondere al fabbisogno di tutti occorrerebbero almeno 400 metri quadri di tetto. Non tutte le abitazioni, poi, sono adatte per l'allocazione di pannelli. Si pensi, ad esempio, a quelle esposte a nord.Può farci una breve analisi costi- benefici?La resa di un pannello fotovoltaico è piuttosto bassa. Per produrre mille kwh bisognerebbe spendere, solo per l'installazione, 7mila euro che rapportati al fabbisogno medio familiare significa una spesa di 21mila euro, al netto dei costi di manutenzione. Per fare qualche esempio: un kwh prodotto con il metano costa 3 centesimi, con il gasolio 4, con il fotovoltaico 50, oltre dieci volte di più.Altri Paesi hanno investito molto sul fotovoltaico...Sì certo. La Germania, ad esempio, è stata la prima a partire circa 20 anni fa, ma le politiche tedesche sul fotovoltaico hanno subito, negli ultimi anni, una netta inversione di rotta, con riduzioni sul contributo nazionale anche del 7%, perché a fronte degli ingenti investimenti che hanno portato a realizzare in quel Paese la più alta concentrazione di impianti fotovoltaici di tutto il mondo i risultati non sono stati soddisfacenti. Nel 2004 in Germania si producevano 800milioni di kwh con il fotovoltaico, pari allo 0,3% del fabbisogno nazionale di energia elettrica.Qual è allora la soluzione?Il problema fondamentale è che noi consumiamo troppa energia elettrica. Occorre puntare prima a ridurre i consumi.In che modo?Isolando le abitazioni, ad esempio, si potrebbe ridurre di almeno la metà il consumo annuo di gasolio (1 litro di gasolio/mq/anno è l'equivalente di 10 kwh/mq, ndr) di una famiglia: oggi di circa 14 litri, 10 per le abitazioni costruite dopo il 2005. Solo isolando la casa si arriva a ridurre il consumo medio delle famiglie a 7 litri di gasolio l'anno con una spesa aggiuntiva sul costo della casa di circa l'1%. Con interventi ulteriori, come ad esempio, l'impiego di molti vetri per sfruttare il calore solare, o un impianto di ricambio dell'aria con recupero di calore, la riduzione dei consumi può essere ridotta ulteriormente anche fino a zero.Con questo sistema è possibile anche ridurre la spesa statale sui contributi per la riqualificazione energetica, che, in caso di interventi di isolamento si aggira intorno ai sei centesimi per kwh contro i 60 per il fotovoltaico.Quali sono i materiali per isolare bene?Poiché parliamo di bioedilizia, sarebbe auspicabile che l'isolamento venisse fatto con materiali sostenibili come la fibra di legno o il sughero o il kenaf che è un tipo di canapa che viene coltivato in Italia.

venerdì 24 ottobre 2008

Car sharing e car pooling: a che punto siamo in Italia?

dal sito yeslife.it

Il car sharing e car pooling sono spesso stati descritti come il futuro della mobilità sostenibile, anche se il loro presente non fa certo sperare in un futuro roseo. Quali sono i motivi della loro difficoltosa implementazione?
Bike sharing, car sharing o car pooling; quante volte ne abbiamo sentito parlare come soluzioni ideali ai problemi relativi alla mobilità urbana? Queste tre soluzioni, spesso invocate da organizzazioni non governative locali, sono entrate ormai nel vocabolario comune di molti dei cittadini delle nostre città. Per chi non conoscesse il loro significato: bike sharing: servizio che permette l’utilizzo gratuito per un determinato periodo di tempo di biciclette comunali, dando l’opportunità di prelevarle da una determinata stazione/fermata e di parcheggiarle dopo l’uso non necessariamente nella stazione stessa. car sharing: similmente al bike sharing, si basa sull’utilizzo condiviso di automobili, pagando un fisso mensile/annuale, e in base al chilometraggio effettuato o ai tempi di utilizzo. car pooling: servizio che permette a diverse persone che compiono lo stesso tragitto di effettuare gli spostamenti in un’unica autovettura invece che utilizzare ognuno le proprie diverse automobili. Il car pooling invece, che non si basa sul product service system– ovvero l’acquisto della sola erogazione del servizio invece che del prodotto che lo fornisce – ha bisogno di un discreto lavoro dietro l’intero servizio, costituito dalla raccolta di dati e dalla creazione di un database comune dove appunto registrare i flussi di mobilità interni ad un contesto urbano; la buona riuscita del progetto consiste proprio nel poter dare diverse opportunità di “pooling” ai cittadini, di fornire più dati possibile riguardo i tratti percorsi da autovetture con disponibilità di posti. Anche il car pooling sta trovando più difficoltà di quante dovrebbe trovarne.

Sostenibilità ambientale, progetto a Loreto

«Guida all'equilibrio e alla sostenibilità ambientale»: questo il titolo di un progetto di Cna e comune di Loreto, da cui è nato un opuscolo ricco di pratici consigli destinati alle famiglie loretane. Presentata ieri nella sede locale di Cna, la pubblicazione, 16 pagine in carta riciclata, che saranno recapitate a tutte le famiglie insieme al prossimo giornalino comunale, si compone di quattro capitoli: bioedilizia e risparmio idrico-energetico; rifiuti; mobilità sostenibile; acquisti verdi. Scopo dell'iniziativa, stimolare attraverso un linguaggio semplice ed esempi concreti un cambiamento degli stili di vita attraverso l'adozione di comportamenti virtuosi, vantaggiosi sia per il bilancio familiare sia per l'ambiente. L'opuscolo, sviluppato dalla Cna Tecno Quality, ha visto la sponsorizzazione di importanti imprese del settore della bioedilizia. (Da Italia Oggi)

Il progetto di risparmio ed efficienza energetica è stato lanciato dall’Eni di Paolo Scaroni più di un anno fa con l’obiettivo di permettere un risparmio del 30% sull’attuale bolletta energetica di ogni famiglia

giovedì 23 ottobre 2008

L’Europa è pronta per la green revolution? E l’Italia?

L’Unione europea è consapevole che quello dei cambiamenti climatici è il più grande dramma a cui si sta andando incontro, a livello planetario, e che questa rappresenti quindi una delle maggiori sfide che si devono affrontare tutti insieme. Per questo l’UE cerca di muoversi compatta in un’unica direzione, e a dimostrazione di ciò l’approvazione del piano 20-20-20 su clima ed energia è un passo decisivo per contrastare i cambiamenti climatici. Il piano europeo prevede il raggiungimento del 20 per cento della produzione energetica da fonti rinnovabili, il miglioramento del 20 per cento dell’efficienza e un taglio del 20 per cento nelle emissioni di anidride carbonica: tutti traguardi da raggiungere entro la data del 2020. A questi obiettivi si vanno ad aggiungere la creazione di un mercato interno dell’energia che apporti benefici reali e tangibili ai privati e alle imprese, una migliore integrazione della politica energetica dell’UE con le altre politiche come l’agricoltura e il commercio, e l’intensificazione della collaborazione a livello nazionale. Questa è quindi la linea da seguire indicata dai paesi europei. Le proposte dell’UE, inoltre, sono in linea con l’impegno a promuovere la crescita economica e l’occupazione: ricerche ufficiali dimostrano che anticipando la rivoluzione energetica si creeranno anche nuove opportunità di lavoro sul fronte delle imprese e della ricerca. (dal sito yeslife.it)

«Due ore con»: a novembre si parlerà di sviluppo sostenibile

Temi da far tremare le vene ai polsi, come «Il mondo nuovo fra globale e locale, fra liberismo e protezionismo» (di cui si parla oggi alle 17.30), sono al centro di «Due ore con», ciclo di quattro incontri organizzati da Enel in collaborazione con il Piccolo Teatro.Stasera aspettano il pubblico (via Rivoli 6, l'ingresso è libero) gli economisti Alberto Alesina, docente a Harvard, Tito Boeri, della Bocconi, e Giorgio Barba Navaretti, della Statale. Modera l'incontro il direttore di «Il Mondo», Enrico Romagna Manoja. Il prossimo appuntamento sarà tra poco più di un mese, il 26 novembre: si parlerà di sviluppo sostenibile e ambiente. In programma anche incontri sui conflitti sociali e su precarietà e flessibilità.

mercoledì 22 ottobre 2008

Pmi in ritardo sul «bollino verde»

Certificazione Emas. A Bergamo il Forum dedicato alla registrazione ambientale, raccontato dal Sole 24 Ore

Raccolta differenziata, gestione energetica efficiente, utilizzo più razionale della carta, attenzione agli scarichi e alle emissioni nell'atmosfera. Anche una piccola e media impresa ha diverse possibilità di ridurre il proprio impatto ambientale. Un approccio organizzativo che può essere codificato attraverso la Iso 14001 o con la registrazione ambientale Emas, l'acronimo per la certificazione ambientale europea.Questi temi saranno al centro della Fiera Forum della registrazione ambientale Emas, ospitata da domani fino al 25 ottobre nel palazzo della Provincia di Bergamo. Una tre giorni di workshop, convegni ed esposizioni, organizzata da Provincia di Bergamo con il contributo della Regione Lombardia ( oltre che col patrocinio di Commissione europea, Arpa Lombardia, Confindustria Bergamo) con lo scopo di avvicinare le imprese lombarde al mondo della registrazione ambientale, ma anche per alimentare il dialogo tra le istituzioni e i oggetti già in possesso del certificato.Secondo i dati più recenti dell'Arpa, aggiornati a giugno di quest'anno, sono 139 i siti Emas lombardi, riferiti a 106 organizzazioni: 86 aziende, 13 consorzi, 2 comunità montane, cinque Comuni. Milano è la provincia più ricca di siti (38), seguita da Brescia (22), da Sondrio (17) e Bergamo (16).«Ci sono ancora molte potenzialità inespresse – spiega Claudia Veghi, dirigente dell'unità operativa Sviluppo sostenibile dell'Arpa Lombardia –. Confidiamo molto, da questo punto di vista, nel debutto del nuovo regolamento Emas III, che diventerà operativo nel 2010, e che prevede una maggiore comunicazione del logo, un colloquio più intenso con gli enti locali. Arpa ha già promosso da anni tavoli di lavoro insieme a tutti gli attori del sistema. A monte della richiesta di registrazione, infatti, è necessario risolvere le problematiche legate alle visite ispettive: è interesse di tutti che l'azienda arrivi in ordine all'audit finale».Dopo la corsa degli anni passati (i siti certificati sono passati dai 97 del 2006 ai 134 del 2007), ora si registra un assestamento. «Emas è ancora una grande sconosciuta – conferma Veghi –: bisogna lavorare molto sul fronte della promozione e rafforzare, anche a livello istituzionale, le possibilità, per chi è certificato, di sfruttare vantaggi, facilitazioni normative e operative ».

Il Vaticano installa pannelli fotovoltaici

La sfida della S. Sede è di quelle importanti: sfruttare il più possibile le fonti rinnovabili per giungere, primi in Europa, all'obiettivo di utilizzarne almeno il 20 per cento del consumo totale nel 2020. Si stanno gia montando pannelli solari sul tetto dell'Aula Paolo VI (nota anche come Aula Nervi).

martedì 21 ottobre 2008

Eolico più competitivo del solare

Dal sole 24 Ore

L'eolico ha ormai raggiunto il punto di competitività assoluto, anche rispetto alle altre energie "pulite". Con costi per l'installazione che si fanno sempre più bassi. Più bassi di tre volte, ad esempio, rispetto al fotovoltaico. E con gli alti livelli tecnologici raggiunti, investire "nel vento" è quanto mai vantaggioso.Lo sa bene la GE Energy, leader mondiale: dal 2004 ha aumentato del 500% la produzione di turbine, triplicando in un solo anno il suo "wind business" in Italia. «L'eolico, tra le fonti rinnovabili, è quello che consente di ottenere il rendimento migliore. Con costi installazione intorno agli 1,3 milioni di euro al megawatt consente di rientrare dei costi sostenuti in 4 anni. Tempi del tutto in linea con quelli necessari per recuperare il capitale di chi scommette sulle turbine a gas, ma assolutamente più bassi se confrontati con i 10 anni che occorrono per recuperare un investimento nel solare» commenta Claudio Organtini, Power Generation Sales Manager di GE Energy per l'Italia.Del resto investire in fonti rinnovabili, è ormai una scelta obbligata per il nostro Paese. Entro il 2010 (stando agli obiettivi fissati dall'Ue) il 25% di consumo energetico lordo dovrà derivare energie alternative. Un obiettivo che ora sembra possibile raggiungere: secondo la European Wind Energy association, alla fine del 2007 l'Italia ha raggiunto una capacità eolica installata superiore ai 2.700 megawatt, con un incremento del 30% rispetto all'anno precedente. Se questo trend dovesse continuare il nostro Paese potrebbe arrivare già nel 2015 a produrre 12mila watt tramite eolico.Non crede però in questi standard di crescita la Maestrale Green Energy, che sottolinea invece i rischi di perdere un'occasione. Con la sua produzione attuale di circa 3mila megawatt l'Italia è ben lontana dalla Germania con i suoi 22mila megawatt o dai 15mila megawatt della Spagna. Per Carlo Durante, amministratore delegato dell'azienda «in Italia c'è un problema diincertezza di sistema che rende difficili gli investimenti».La chiave per uscire dall'impasse è sempre la stessa: anzitutto una politica energetica al centro che si fondi su un sistema di incentivi per lo sviluppo di nuove tecnologie; più semplicità autorizzativa in periferia, per evitare lo stop da parte delle regioni sempre più vittime della burocrazia ed infine più coinvolgimento del territorio.


L’energia responsabile secondo Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni

Trattori a elettricità

Da Affari & Finanza

Si chiama RAMseS il primo veicolo elettrico polifunzionale per uso agricolo. Frutto di un progetto cui hanno partecipato 11 partner appartenenti a 7 paesi (Italia, Gran Bretagna, Polonia, Spagna, Libano Marocco e Giordania, il veicolo, azionato da un motore elettrico di 12 kw con energia fornita da batterie caricate direttamente dalla fonte solare di un tetto fotovoltaico ad alta efficienza. RAMseS è utilizzabile per vari tipi di trasporti (vasi, sacchi, prodotti agricoli), per l’irrigazione (come pompa solare), per l’applicazione di antiparassitari e, sia pure a bassa velocità, anche come veicolo stradale. «I partner hanno accolto il trattore elettrico come una rivoluzione che affrancherà l’agricoltura dai combustibili fossili — ha dichiarato Ugo Bardi, professore di chimica dell’Università di Firenze—. In Polonia, dove è stato appena presentato presso l’Istituto di Meccanizzazione agricola di Varsavia e nei paesi del Nord il trattore — prosegue Bardi — potrà funzionare con energia eolica mentre in quelli mediterranei preponderante sarà l’energia solare. Le batterie garantiscono 35 ore di funzionamento a pieno regime. La prossima presentazione avverrà a gennaio 2009 a Firenze mentre a giugno sarà in Libano per un test estensivo. Nel frattempo — conclude Bardi — si stanno sviluppando piani per la produzione e la diffusione del trattore".

lunedì 20 ottobre 2008

Gas serra, continua la schiavitù da petrolio

Secondo l'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), la task-force delle Nazioni Unite che si occupa del mutamento climatico globale, il parere della scienza è inequivoco: le attività umane stanno producendo cambiamenti nel clima della Terra, con conseguenti rischi per l'ambiente e per la qualità della vita. Dal 1970 a oggi, la temperatura media del pianeta è aumentata di circa mezzo grado Celsius. Una delle ripercussioni riguarda i fenomeni metereologici, che in molte aree del mondo sono diventati più violenti ed estesi.È altamente probabile che anche le risorse di acqua dolce - forse la nostra risorsa naturale più preziosa e degradata - diventeranno sempre più scarse. In regioni come l'Africa subsahariana, per le quali i modelli climatici prevedono una riduzione della piovosità, l'impatto negativo sui raccolti e conseguentemente sulla sicurezza alimentare, sulla disponibilità di acqua e di materiali di base per le abitazioni potrebbe essere catastrofico.Il principale fattore che contribuisce al cambiamento climatico è il biossido di carbonio (CO₂), noto ai più come anidride carbonica, rilasciato nei processi di consumo di combustibili fossili. Le emissioni di anidride carbonica hanno raggiunto nel 2004 la quota di 29 miliardi di tonnellate e continuano ad aumentare, come rivelano le analisi sulla concentrazione di CO₂ nell'atmosfera.Nel Sud-Est asiatico e in Nord Africa le emissioni di gas serra sono più che raddoppiate tra il 1990 e il 2004. Se si considera il tasso di emissioni pro capite, i Paesi in via di sviluppo continuano a produrre molti meno gas serra rispetto ai Paesi industrializzati. La media dei Paesi ricchi è di 12 tonnellate a persona, mentre l'Asia Occidentale (la regione con i tassi più alti tra quelle in via di sviluppo) non arriva alla metà di questa cifra. E un abitante dell'Africa subsahariana produce meno di un decimo della CO₂ emessa da un cittadino di un paese industrializzato.Sebbene i consumi energetici non cessino di espandersi (sono aumentati del 20% dal 1990 a oggi), sono stati compiuti sensibili progressi nella ideazione e nell'applicazione di tecnologie a minor impatto ambientale. Attualmente l'energia da fonti rinnovabili tradizionali (principalmente idroelettrico e biocarburanti) rappresenta circa il 12% della produzione energetica complessiva. Lo sviluppo delle cosiddette "nuove rinnovabili" (tecnologie da fonti rinnovabili più moderne e a impatto ambientale ancora minore quali solare, eolico, biocarburanti, geotermico ecc.) è decuplicato negli ultimi decenni, ma conta a tutt'oggi ancora soltanto per lo 0,5% dei consumi energetici totali.Lo scenario realistico del prossimo futuro prevede ancora la dipendenza dai combustibili fossili. Occorre però una forte azione internazionale per accelerare la transizione verso un regime energetico nuovo, basato su fonti più pulite ed efficienti. (Da Unicef.it)

Biodiversità marina, è allarme

Sollecitata dalla perdita globale di biodiversità, la comunità internazionale sta incoraggiando la tutela degli ecosistemi terrestri e marini. Le aree protette nel mondo si sono ampliate significativamente negli ultimi anni, fino a raggiungere i circa 20 milioni di chilometri quadrati del 2006 - una superficie doppia rispetto a quella della Cina. Tuttavia, non sempre le aree sottoposte a tutela sono gestite con efficacia ai fini della conservazione ambientale. E solamente un decimo di queste aree coprono ecosistemi marini, a dispetto del loro ruolo fondamentale nella protezione della fauna ittica e degli ambienti costieri. Non deve quindi stupire che, sebbene le aree protette si estendano progressivamente, non accenna a rallentare il ritmo dell'estinzione di specie animali e vegetali o il declino di specifiche popolazioni. Occorrono sforzi senza precedenti per conservare in modo sostenibile gli habitat, gli ecosistemi e le specie a rischio, se vogliamo raggiungere l'obiettivo di ridurre significativamente il tasso di estinzioni di qui al 2010. Sono esposti a particolare pericolo le popolazioni ittiche di tutto il pianeta, ed è urgente una immediata cooperazione tra gli Stati per salvare i pesci in via di estinzione e frenare lo spopolamento di singole specie. Dopo decenni di sfruttamento selvaggio delle risorse, la quota di banchi di pesce spopolati, sovrasfruttati o in via di recupero si è oggi stabilizzata al 25% rispetto agli anni Novanta. Ma sono sempre meno i banchi sfruttati sotto la soglia di allarme: se nel 1975 il 40% dei banchi erano considerati sostenibili, oggi tale proporzione è calata al 22%. (Da Unicef.it)

giovedì 16 ottobre 2008

Piano energetico cercasi disperatamente

L’Italia da tempo ha abbandonato una visione strategica della politica energetica. I vecchi Pen, i Piani Energetici Nazionali, annualmente fatti dal Ministero dell’Industria, che indicavano e programmavano strategie ed esigenze infrastrutturali in tema energetico, sono stati abbandonati senza essere sostituiti. Negli anni lo stesso Ministero dell’industria ha cambiato nome: prima Mica - Ministero dell’Industria Artigianato e Commercio, poi Map - Ministero delle Attività Produttive, ora Mse - Ministero dello Sviluppo Economico, con accorpamenti e tagli spesso fatti con mere logiche di potere. E’ stata cambiata la Costituzione e l’energia, nel nuovo articolo 117 della Costituzione è finita tra le materie a competenza concorrente Stato Regioni. Di fatto l’ingovernabilità su una materia che trascende per motivi suoi intrinseci la dimensione regionale è stata assicurata. Oramai sulla costruzione di un rigassificatore decide la Corte costituzionale, alla cui competenza sono deferite tutte le questioni puntualmente sollevate nel ginepraio delle competenze Stato-Regione, sull’onda delle lotte politiche puntualmente declinate a livello territoriale in una faida nella quale perdono puntualmente i cittadini e l’Italia. Infatti qualsiasi infrastruttura energetica anche se insiste su un territorio specifico, necessariamente impatta sull’intero territorio nazionale. In effetti a livello locale le competenze si sovrappongono: Regione, Provincia, Comuni, Comitati, in nome di una babele del potere, si sovrappongono, con manifestazioni, denunce, contenziosi, che puntualmente sfociano in una richiesta alla Corte Costituzionale. Non è possibile che in una materia così importante per il Paese si assista da tempo a questo spettacolo. La situazione è diventata ancora più pesante da un po’ di anni. E’ ormai sempre più forte e importante il legame che esiste tra due realtà solo qualche decennio fa agli antipodi: l’energia e l’ambiente. Sempre più questo binomio è diventato indissolubile. Fonti fossili ed energie alternative sono sempre più legate da qualcosa di davvero importante, la sopravvivenza stessa dell’uomo in un habitat sempre più devastato. Nella vecchia scuola di pensiero purtroppo fin troppo presente in Italia nucleare e rinnovabili diventano quasi le fazioni di un derby. O sei per l’uno o sei per l’altro. L’ambientalismo cieco nemmeno guarda al rinnovabile, ma anche una certa scuola che viene dalla cultura dell’energia fossile e dal nucleare non riesce a prendere nemmeno lontanamente in considerazione tutta l’energia prodotta con sole, vento, rifiuti o alghe. E’ come se l’Italia vivesse fuori dalla storia, continua a finanziare con il Cip6 carbone e termovalorizzatori per rifiuti non organici, togliendo spazio alle vere rinnovabili. In Italia non si comprende che il futuro, lo stesso business economico è nella direzione dell’ambiente. I nostri industriali, sebbene con le solite furbizie italiane, concretamente si stanno muovendo. L’Italia si arrovella in dibattiti sterili, in provvedimenti tampone dettati, male, dall’emergenza. Il Paese in materia energetica e ambientale è preda di un cieco immobilismo, che pagheranno i nostri figli. Il Governo ha annunciato per primavera di ripristinare il Piano Energetico Nazionale, il tempo degli annunci è finito, occorre Fare, un appello forte e chiaro che arriva dal professor Vincenzo Pepe, leader del Movimento Fareambiente.

L’energia responsabile secondo Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni

Ambiente, in Lombardia promozione a metà

Crollano Bergamo, Lecco e Mantova - In ascesa Sondrio, Brescia, Lodi e Milano, dice Il sole 24 Ore

A penalizzare la Lombardia, sul fronte ambientale, sono gli indicatori relativi alla qualità dell'aria, ben al di sotto della media nazionale. Il rapporto Ecosistema urbano 2009, pubblicato il 13 ottobre sul Sole 24 Ore del Lunedì, restituisce la fotografia di una regione a due velocità, con province che scendono in classifica (Bergamo, Lecco, Mantova, Pavia) e altre che salgono (soprattutto Sondrio, Brescia e Lodi). Risultati che, nonostante si mantengano sopra al dato italiano, allontanano le città lombarde dalla top ten, dove l'anno scorso si erano posizionati, invece, tre centri su undici. A perdere il maggior numero di posizioni è la città di Bergamo (si veda intervista a fianco) che scende dal secondo al ventesimo posto. Oltre ai dati sulla qualità dell'aria,ad incidere sulle performance sono i consumi elettrici: in questa graduatoria, Bergamo e Mantova si classificano rispettivamente al 93Úe al 94Ú posto su 103 comuni capoluogo di provincia. «Sul piano energetico comunale – afferma Carlo Saletta, assessore del Comune di Mantova per lo Sviluppo sostenibile – ci stiamo lavorando. Vicino alla città c'è un grande polo chimico e la città risente degli insediamenti industriali. L'obiettivo è ridurre i consumi e la soluzione sono le autorizzazioni integrate ambientali ».Bergamo scende anche nella classifica delle isole pedonali urbane. Dato che, però, secondo le amministrazioni locali può essere giustificato facilmente: oggi in Lombardia vengono preferite soluzioni diverse, come le zone a traffico limitato (Mantova è al secondo posto nel ranking delle ztl) o le Zone 30, a velocità limitata, di cui il rapporto non tiene conto.È l'intera regione, invece, a ottenere una performance negativa nel consumo idrico domestico: i consumi giornalieri procapite di acqua potabile sono in quasi tutte le città superiori alla media nazionale (pari a 192 litri per abitante), in particolare a Bergamo, dove ogni giorno si consumano 247,2 litri per abitante. Anche gli indicatori relativi ai valori inquinanti (ozono, polveri sottili e biossido di azoto) segnano ovunque risultati poco soddisfacenti. «Normalmente una delle voci che ci permette di salire in queste classifiche – spiega l'assessore all'Ambiente della Provincia di Lecco, Marco Molgora – è la raccolta differenziata dei rifiuti. Sulla qualità dell'aria, però, sotto i 300 metri di altitudine, il problema della Lombardia è strutturale. Per fortuna ogni tanto i venti del lago compensano gli effetti della pianura». A penalizzare Lecco, che quest'anno è scesa di 14 posizioni, sono anche le politiche di mobilità urbana: la città, insieme a Como e Varese, si colloca oltre la metà della graduatoria nazionale per estensione di piste ciclabili e quantità di verde urbano fruibile. A registrare un salto di qualità, invece, è l'ecosistema di Sondrio, che guadagna 21 posizioni: «Sono giunti a maturazione i risultati di politiche di sistema – afferma l'assessore all'Ambiente.

mercoledì 15 ottobre 2008

L’Ue boccia le richieste italiane: «Sul clima nessuna flessibilità»

Da Il Giorno

«Di fronte a una minaccia mondiale come quella dei cambiamenti climatici serve una risposta mondiale. Spuntiamo tutta la flessibilità possibile, ma dobbiamo mantenere gli obiettivi concordati». Alla vigilia del Consiglio europeo che dovrà approvare l’obiettivo Ue di ridurre del 20% le emissioni di gas serra, di aumentare del 20% la produzione di energia da rinnovabili così come l’efficienza energetica, il presidente della commissione Ue, Josè Manuel Barroso, fissa paletti chiari contro l’annacquamento del piano varato dalla Commissione. L’Italia sarà in prima fila, con la Polonia, nella richiesta di maggiore flessibilità. E da Confindustria, dopo la presa di posizione comune con gli industriali tedeschi, arriva una nuova bordata contro Bruxelles e a favore della strategia del governo. «In questo momento di profonda crisi dei mercati finanziari — scrive viale dell’Astronomia — le misure previste nel pacchetto sull’energia e i cambiamenti climatici finirebbero con l’essere fortemente penalizzanti per il settore produttivo e controproducenti per la ripresa economica dell’Ue» e «comporterebbero delocalizzazioni e cancellazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro». «Pur confermando l’impegno nel sostenere le necessarie strategie per una riduzione delle emissioni di CO2 — osserva Confindustria — occorre evidenziare come tale impegno verrebbe meno se la competitività delle imprese venisse pregiudicata come conseguenza di queste misure. Se il pacchetto fosse approvato, il sistema industriale italiano sarebbe chiamato a pagare una nuova tassa superiore ai 20 miliardi di euro all’anno, una cifra superiore all’1,5% del Pil del Paese». Il governo italiano non arriverà al veto che Confindustria fa capire sarebbe necessario (e che il ministro dell’Ambiente ha pur ventilato) ma chiederà clausole di revisione per tener conto degli sviluppi internazionali (nel caso non si raggiunga un accordo mondiale sul «post Kyoto» nel 2009), deroghe per i settori più energivori, la possibilità di effettuare integralmente i tagli delle emissioni all’estero e una sorta di «valutazione dell’impatto economico» delle misure. Ma Barroso, col consenso della maggioranza degli Stati, non molla. «IL NOSTRO ruolo — ha detto — è chiedere di non dimenticare i nostri impegni sottoscritti unanimamente. Spero che prevalga l’etica della responsabilità, non l’ottica del breve periodo». Proprio ieri Oms, autorità per la sicurezza alimentare europea e Fao hanno presentato uno studio nel quale si rilanciano gli allarmi e si osserva che il cambiamento climatico «potrebbe costare fino al 5% del prodotto interno lordo mondiale entro la fine del secolo».

martedì 14 ottobre 2008

L’ambiente e la Rete

Continua il dibattito nella blogosfera su come tutelare l’ambiente dalle emissioni nocive e dai rifiuti. Si può cominciare consultando il blog del New York Times http://greeninc.blogs.nytimes.com dove si legge un post sul World Conservation Congress di Barcellona, svoltosi la scorsa settimana, durante il quale l’ex ministro dell’ambiente del Sud Africa, Valli Moosa, oggi presidente del International Union for Conservation of Nature (IUCN) ha lanciato un nuovo allarme: "Le grandi nazioni in via di sviluppo non si sono assunte nessuna responsabilità per i cambiamenti climatici e per le emissioni nell’atmosfera, sostengono che sono i paesi occidentali i maggiori produttori di gas serra e per questo motivo non vogliono rientrare nei piani di riduzione delle emissioni. L’America e tutte le nazioni industrializzate, incluse Cina e India, dovrebbero accettare queste regole." Nel frattempo però qualche piccolo passo avanti nello sviluppo di fonti rinnovabili si fa, come è scritto nel blog http://blogeko .libero.it/index.php/2008/flowsolareedeolicoinsiemeperunimp #more6242, dove si legge di un nuovo sistema domestico per la produzione di energia: "Si chiama Flow ed è un sistema domestico per la produzione di energia da fonti rinnovabili. E’ una turbina ad asse verticale montata in cima ad un palo. Sopra ha una sorta di calotta formata da celle fotovoltaiche, che funziona anche come impianto di concentrazione del vento. La turbina è in grado di funzionare anche con poco vento, e in ogni caso il "guscio" di pannelli solari la aiuta a girare più rapidamente. Le celle fotovoltaiche sono divise in sei "petali" per poter assorbire la massima quantità di raggi del sole. Una bella idea, anche perché sole e vento sono entrambi incostanti, e all’occorrenza l’uno può supplire alla scarsità dell'altro". Ci sono poi casi di eccellenza tutti italiani, come si legge su http://www.ecoblog.it/post/6856/capannoriprimocomuneitalianoarifiutizero#continua: "In Italia c’è un Comune che viaggia verso i rifiuti zero. Si tratta del Comune di Capannori (45mila abitanti suddivisi un 40 frazioni) che nel marzo di quest’anno ha raggiunto l’82% di raccolta differenziata e che intende superare questo record giungendo entro il 2020 ad avere zero rifiuti. Per raggiungere concretamente questo obiettivo è necessario coinvolgere tutte le realtà presenti sul territorio e i primi passi verso questa direzione sono stati fatti grazie alla collaborazione con ATO Due Rifiuti della Provincia di Lucca che ha firmato un Protocollo d’Intesa per la riduzione dei rifiuti con 28 dei 35 comuni della Provincia. E’ stata anche attivata una collaborazione con la grande distribuzione per incrementare l’uso dei distributori automatici per detersivi e il recupero della merce invenduta". (Da Affari & Finanza)

Il conto ecologico è in rosso

Lo scorso 23 settembre si è celebrata una ricorrenza non proprio simpatica: l’Earth Overshoot Day, cioè la giornata in cui le risorse prodotte dalla natura nel scorso del 2008 sono state completamente utilizzate dall’umanità, superando la capacità rigenerativa del nostro pianeta. La data è stata calcolata, utilizzando vari parametri, dalla Global Footprint Network, la fondazione che misura l’impronta ecologica dell’uomo sulla terra, cioè la quantità di risorse pro capite che ognuno di noi utilizza per mantenere lo standard di vita cui è abituato, includendo anche la quantità di rifiuti prodotti. Quella del 23 settembre non è una data fissa, ma un giorno che di anno in anno si è anticipato sul calendario. Se agli inizi del ’900 l’impronta umana corrispondeva al 50% delle risorse consumate, già alla metà degli anni ’80 si utilizzava il 100% delle risorse prodotte annualmente dal nostro pianeta. Da allora in poi i nostri consumi hanno mandato in rosso il “capitale ecologico” disponibile, anticipando sempre di più la data l’Earth Overshoot Day e costringendoci a vivere ipotecando pesantemente il futuro di chi verrà dopo di noi. Al ritmo attuale, per soddisfare il fabbisogno mondiale di risorse naturali, è necessario l’equivalente di 1,4 pianeti come il nostro, senza contare che, nei prossimi anni, i boom economici di Cina, India e Brasile faranno aumentare le richieste di questi mercati in via di sviluppo che aspirano al nostro stesso grado di “civiltà consumistica”. (Da L'Opinione)

Dietro front dell’Italia sulla riduzione dei gas serra

Il ministro degli Esteri chiede all’Europa la valutazione dell’impatto del piano Ue sul clima, dice l'Unità

Con la scusa della crisi finanziaria, il governo di destra italiano propone di fare marcia indietro sulle misure concordate a livello europeo a protezione dell’am-biente. È il capo della Farnesina, Franco Frattini, ad affrontare il tema in un incontro dei ministri degli Esteri dei Paesi Ue a Lussemburgo. È vero che avevamo stabilito di essere virtuosi, afferma in sostanza Frattini, ma le circostanze sono cambiate rispetto al giorno in cui formulammo quelle promesse. E dobbiamo adeguarci.Concretamente Frattini chiede alla Ue «una valutazione di impatto» dei provvedimenti a suo tempo decisi per contrastare i cambiamenti climatici. Bisogna calcolare quale effetto essi possano avere sui costi e sui profitti delle imprese. Gli obiettivi possono restare gli stessi, aggiunge il ministro, ma i modi per raggiungerli devono essere modificati. Un modo elegante per suggerire che gli obiettivi siano confinati nel limbo delle dichiarazioni di principio, e che intanto si torni tranquillamente alle vecchie brutte abitudini. Il piano europeo, elaborato nel marzo 2007 e varato all’inizio di quest’anno, prevede che per arginare il surriscaldamento del pianeta, le emissioni di CO2 (ossido di carbonio) calino del 20% entro il 2020. Contemporaneamente bisogna innalzare i consumi di energie rinnovabili e il livello di efficienza energetica. Anche in questi due casi il numero magico è 20: il venti per cento in più.

lunedì 13 ottobre 2008

L’alleanza delle rinnovabili

Da Finanza & mercati

Si chiama Tr.e.bio.s (cioè trigenerazione con energie rinnovabili: biocombustibili e solare) l’ultima novità in fatto di energia solare. Presentato recentemente a Bologna, il progetto è stato messo a punto dall’Enea con il supporto del consorzio Concentrating Solar Power e consentirà di sfruttare l'energia solare per produrre contemporaneamente elettricità, acqua calda e acqua fredda per la climatizzazione degli ambienti. Si tratta di un impianto che sfrutta la tecnologia del solare termodinamico, uno dei processi rinnovabili più efficienti e con maggiori prospettive di sviluppo. Il principio di funzionamento è semplice: grazie a una serie di grandi specchi parabolici la radiazione solare viene concentrata su dei lunghi cilindri contenenti dei sali fusi capaci di immagazzinare in maniera estremamente efficiente l’energia termica. Questo fluido alla temperatura di 550° viene poi accumulato in serbatoi e in seguito utilizzato per azionare delle turbine dalle quali si ricaverà energia elettrica assolutamente pulita, anche a distanza di molte ore dall’accumulo.

L’energia responsabile secondo Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni

Quel pasticciaccio delle quote smog

Ambiente Sono 45 le aziende italiane sanzionate per avere emesso troppa anidride carbonica. Le multe fioccano (40 euro per ogni tonnellata di CO2). Pure gli errori e i ricorsi. Da Panorama

Scattano le prime multe emesse per il mancato rispetto delle quote di emissioni di anidride carbonica. E per le aziende italiane, insieme al danno, qualche volta arriva la beffa. In diversi casi gli impianti sanzionati hanno adempiuto gli obblighi ambientali imposti, ma, per una serie di errori per lo più di carattere tecnico e informatico, appaiono inadempienti. Le aziende protestano e i ricorsi fioccano.
Per rispettare gli obiettivi del protocollo di Kyoto l’Unione Europea ha messo in campo un sistema di scambio di quote di emissioni di CO2. Ogni paese ha un tetto massimo che è stato ripartito fra le attività industriali che consumano più energia e quindi emettono più CO2 nell’aria: settore termoelettrico, raffinerie di petrolio, cokerie, impianti per la produzione e la trasformazione di metalli ferrosi, industria dei prodotti minerali come cemento, calce, vetro e fibre di vetro, ceramiche, impianti di fabbricazione di pasta per carta, carta e cartone. Se un’azienda supera la quantità assegnata, può ridurre le sue emissioni o acquistare quanto le serve sul mercato dalle imprese più virtuose. Altrimenti si paga una multa.
Nell’elenco delle aziende che risultano, per ora, «non conformi» ci sono parecchie cartiere: lo stabilimento di Alzano Lombardo delle storiche Cartiere Paolo Pigna, le Nuove Cartiere di Tivoli, le Cartiere della Valtellina, la Cartiera Etruria, la Ico Industria Cartone Ondulato. E il marchio dei Zegna Baruffa Lane Borgosesia, la Procter & Gamble Italia, alcuni impianti di combustione e centrali termoelettriche. Quindi i cementifici come Edilcalce e Fornaci Baglioni. Alcune acciaierie come la Dalmine, società del gruppo Tenaris produttrice di tubi in acciaio, e la Bari Fonderie Meridionali. Fra i nomi anche l’impianto fiorentino di Nuovo Pignone, un tempo fonderia e oggi capofila della divisione Oil & Gas della General Electric Infrastructure nel mercato delle turbine a gas e a vapore. Presenti anche vetrerie, come la Kimble Italiana, azienda produttrice di tubi in vetro per siringhe, la Vetreria Cooperativa Piegarese, la Manfredonia Vetro.
In totale, mancano all’appello 4,4 milioni di tonnellate di CO2. Per tutte le imprese la stessa accusa: aver emesso più anidride di quanto assegnato o aver ripianato il debito dopo la scadenza prevista. Di qui la multa di 40 euro per ogni tonnellata di anidride carbonica.

venerdì 10 ottobre 2008

Piemonte, “Uniamo le Energie” per imparare il risparmio

La manifestazione itinerante «Uniamo le Energie», promossa dalla Regione, fa tappa a Vercelli con l’inaugurazione del «Villaggio dell’energia», avvenuta ieri nel piazzale alle spalle della basilica di Sant’Andrea. L’area espositiva di circa 500 metri quadrati, visitabile fino a domenica, ha l’obiettivo di promuovere e diffondere informazioni e nozioni pratiche sul risparmio energetico, sullo sviluppo di energie rinnovabili, sull’inquinamento e sugli sprechi di risorse, puntando sull’impatto che queste realtà hanno sulla vita quotidiana. Il Villaggio si divide in due sezioni: un’area espositiva all’aperto e un padiglione che ospita l’Info-container del museo «A come Ambiente» e la mostra «Di che energia sei?». All’esterno della tenso-struttura sono stati installati gazebo di aziende, enti e associazioni che operano nel campo delle energie rinnovabili e della salvaguardia dell’ambiente, come ad esempio gli stand di Legambiente e dell’Agenzia provinciale per l’Energia del Vercellese e della Valsesia (Apevv). All’interno del padiglione invece pannelli esplicativi e video (una delle clip vede protagonista il trasformista Arturo Brachetti) accompagnano il visitatore in un percorso finalizzato a scoprire a che grado di ecocompatibilità corrispondono le sue abitudini e in che modo migliorarle, utilizzando semplici accorgimenti e attenzioni. Conclude il percorso l’Info-container che presenta una vera e propria scenografia teatrale in cui il pubblico, spesso composto da giovanissimi, viene coinvolto in giochi, quiz, esperimenti e animazioni con lo scopo di far riflettere lo spettatore sulle abitudini energetiche singole e collettive. Il «Villaggio dell’energia» è visitabile oggi e domani dalle 9 alle 19 e domenica dalle 9 alle 13. La tappa vercellese dell’iniziativa regionale coincide con la manifestazione «Sundays 2008», curata dalla Provincia e dedicata alla promozione dell’energia solare, che prevede l’esposizione di pannelli fotovoltaici e di veicoli a basso impatto ambientale nella giornata di domenica (dalle 9 alle 18) all’interno del Villaggio. Nell’ottica del coinvolgimento di scuole, istituzioni e imprese in questa quattro giorni dedicata all’energia e all’ambiente hanno organizzato per la giornata di oggi un convegno ricco di appuntamenti. Alle 11 nell’auditorium dell’Itis Faccio si svolgerà l’incontro con le scuole superiori per discutere dell’energia del futuro: parteciperanno al dibattito l’assessore regionale all’Industria, Energia e Ricerca Andrea Bairati e Gabriele Beccaria, responsabile del supplemento «Tuttoscienze» de La Stampa. Nel pomeriggio, alle 15, si svolgerà il workshop rivolto ad istituzioni, associazioni di categoria, professionisti ed imprese nella sala del Consorzio della Baraggia nel palazzo Pasta di via Duomo. Relatore la presidente della Regione Mercedes Bresso che anticipa l’intervento sottolineando l’importanza dell’impegno congiunto istituzioni-imprese: «La Regione farà la sua parte, aiutando le imprese che investono in fonti rinnovabili, potenziando la domanda pubblica e sostenendo chi deciderà di ristrutturare o costruire le proprie case con materiali e soluzioni a basso impatto energetico». (Da La Stampa)

Studio Ue rivela: "Deforestazione fa più danni di crisi mutui"

L'economia globale paga conseguenze maggiori a causa della deforestazione che non a causa dell'attuale crisi bancaria. Secondo uno studio commissionato dall'Unione Europea, infatti, il costo annuale dei tagli delle foreste si aggira attorno ai 2-5mila miliardi di dollari. La stima viene calcolata sommando il valore dei vari "servizi" che le foreste assicurano all'ecosistema, come fornire acqua pulita e assorbire il biossido di carbonio

giovedì 9 ottobre 2008

A Viterbo forum su ambiente e informazione

Greenaccord organizza forum nazionali e internazionali per formare la stampa specializzata sulle più recenti teorie ed esperienze scientifiche, istituzionali e aziendali finalizzate allo sviluppo di un modello di sostenibilità ambientale, che venga adottato innanzitutto dal cittadino con un comportamento più consapevole e adeguato al rispetto dell'ambiente. Dopo aver toccato la Toscana e Roma, quest'anno il forum dal titolo «Ambiente e sviluppo per il sud del mondo» si terrà a Viterbo dal 25 al 28 novembre nella Sala Regia del Comune. Gli ospiti più attesi: Piero Angela, il famoso documentarista Davide de Michelis, il regista Ermanno Olmi. La presentazione, ieri, in Prefettura a cura del presidente di Greenaccord Gian Paolo Marchetti, insieme ad Alfonso Cauteruccio e Giuseppe Rocolino. (Dal Tempo)

Buone notizie dai ghiacciai dell'Alaska, anzi no

Ed ecco finalmente una buona notizia. Non tutti gli oltre centomila ghiacciai dell'Alaska si stanno ritirando, alcuni stanno addirittura crescendo. Ne sarà felice Sarah Palin, la governatrice del remoto Stato americano che ha sempre negato l'esistenza di un cambiamento climatico generato dall'uomo e che ora, in qualità di candidata alla vicepresidenza, ha dovuto cambiare idea. Durante il recente dibattito in mondovisione col rivale Joe Biden, alla secca domanda «Lei è favorevole a un taglio obbligatorio delle emissioni di anidride carbonica?», ha detto un «Sì, certo», stampato sul sorriso d'ordinanza.Lo Usgs, l'autorità americana in tema geologia e terremoti, ha appena pubblicato un volume di 550 pagine sullo stato dei ghiacciai dell'Alaska. Il libro (scaricabile dal sito www.usgs.gov) mette a confronto foto scattate da satelliti e aerei negli anni 70 e oggi. E rivela che, per davvero, qualche ghiacciaio sta avanzando. Beh sì, vabbè, soltanto lo 0,8% dei ghiacciai. Tutti gli altri – il 99,2% – si stanno ritirando.Chi avanza? E chi si ritira? Nei destini del cambiamento climatico, questa doppia domanda sta per avere un inverso significato politico. Fra meno di due mesi, a Poznan, in Polonia, si riapre l'annuale carosello di trattative diplomatiche fra i disuniti Paesi delle Nazioni Unite, al fine di decidere qualcosa sul futuro dei gas-serra sputati nell'atmosfera dalla civiltà umana. Il tempo stringe, perché il (largamente disatteso) Protocollo di Kyoto si avvia verso la sua scadenza naturale ed, entro l'anno prossimo, dovrà essere firmato il Protocollo di Copenhagen. Ma non è mica detto.Sulla carta, il vertice polacco serve solo a preparare il terreno a quello danese del 2009. Barack Obama e John McCain promettono entrambi di chiudere per sempre con la posizione – prima negazionista, poi oltranzista – dell'amministrazione Bush. Peccato che, quando si aprirà il vertice sul climate change, sapremo chi sarà il 44Ú presidente degli Stati Uniti. Ma il 43Ú sarà ancora in carica, per un altro mese e mezzo. Così, non è neppure detto che si raggiunga il consenso sulle premesse del trattato climatico.Tutto dipende da chi avanza e chi si ritira, chi fa un passo avanti e chi indietro. L'Italia stessa, perlomeno a leggere le prime dichiarazioni del Governo di centrodestra, pare che avrà una posizione meno accondiscendente, di fronte ai propositi coraggiosi avanzati da Angela Merkel e Gordon Brown. Ma oggi, anche Germania e Gran Bretagna potrebbero vacillare.Bisognerebbe avere la sfera di cristallo, per prevedere quanto la crisi finanziaria rallenterà le economie planetarie e, quindi, quanto influirà sui consumi mondiali di carbone, petrolio e gas. Di sicuro però, un'influenza ce l'avrà. A seconda della severità della recessione, i costi connessi al taglio dei gas-serra (e allo scambio sul mercato dei diritti a emetterli) potrebbero risultare politicamente inaccettabili. Soprattutto se diminuirà la sete da combustibili fossili e quindi il ritmo, finora incessante, delle conseguenti emissioni-serra.La relazione fra i ghiacciai e la politica climatica è inversa perché, mentre la maggior parte dei ghiacciai dell'Alaska si ritira, c'è da sperare che non si ritirino i buoni propositi per salvare il mondo. (dal Sole 24 Ore)

mercoledì 8 ottobre 2008

Fao: «Rivedere politiche e sussidi biofuel»

La produzione di biocombustibili non deve mettere a rischio la sicurezza alimentare mondiale ed essere un ostacolo alla lotta contro la povertà: i Paesi ricchi devono rivedere politiche e sussidi per il biofuel per tutelare lo sviluppo rurale e assicurare la sostenibilità ambientale nel sud del mondo. Il monito arriva dall’edizione 2008 del Rapporto annuale Fao, Lo stato dell’alimentazione e dell’agricoltura, presentato ieri a Roma nella sede dell’agenzia delle Nazioni unite dal direttore generale, Jacques Diouf. «I biocombustibili presentano opportunità ma anche rischi - ha sottolineato Diouf avvertendo che - le politiche attuali tendono a favorire i produttori di alcuni Stati sviluppati rispetto a quelli della maggior parte dei Paesi in via di sviluppo». La sfida «è riuscire a ridurre, o a gestire, i rischi e condividere invece in modo più ampio le opportunità». (Da Finanza & Mercati)

L’energia responsabile secondo Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni

Nelle bioenergie 300mila posti

Sono attualmente più di un milione i "colletti verdi" impiegati nella filiera produttiva dei biocarburanti, ma il mercato del lavoro in versione "bio" è destinato ad espandersi a 12 milioni di lavoratori entro il 2030, di cui quasi 300mila in Italia. Il business delle energie verdi secondo il rapporto delle Nazioni Unite, "Green Jobs: Towards Decent Work in a Sustainable, Low-Carbon World", avrà un impatto sostanziale sull'orizzonte professionale dei vari Paesi. La rivoluzione "verde" attraverserà numerose strade. Oltre alle bioenergie, nella fabbricazione- installazione e manutenzione di pannelli solari saranno impiegati, entro il 2030, circa 6,3 milioni di lavoratori (rispetto ai 170mila attuali). Due milioni, invece, saranno coinvolti nel settore dell'eolico (oggi 300mila). E poi c'è la strada dell'edilizia, del riciclaggio e lo sviluppo di veicoli ecologici: il rapporto spiega che investimenti per migliorare l'efficienza energetica degli edifici, potrebbero produrre tra i 2 ed i 3,5 milioni di posti di lavoro "verdi" nei soli Stati Uniti, con un potenziale molto più elevato nei Paesi in via di sviluppo; la gestione e il riciclaggio dei rifiuti attualmente occupa già 10 milioni di persone in Cina (spesso in condizioni terribili) e 500mila in Brasile.Riassumendo, progetti di investimenti per 630 miliardi di dollari si tradurrebbero, entro il 2030, in almeno 20 milioni di nuovi posti di lavoro nel settore delle energie rinnovabili a livello globale. Per esempio, in Germania le tecnologie ambientali negli ultimi anni sono quadruplicate e tra circa vent'anni raggiungeranno il 16% della produzione industriale totale, compreso il settore automobilistico. Negli Usa le "clean technologies" sono già al terzo posto per i venture capital, dopo l'informazione e le biotecnologie, mentre in Cina i green venture capital sono più che raddoppiati, raggiungendo negli ultimi anni il 19% del totale degli investimenti. (Dal Sole 24 Ore)

martedì 7 ottobre 2008

Solidarietà alpina per il futuro

Che mondo lasceremo ai nostri figli e nipoti? La nostra generazione deve essere responsabile. Il patrimonio naturale nelle aree montane deve essere protetto con maggiori aiuti economici, articolo da L'Opinione.

Benché la solidarietà sia in primis una questione etica, sono sempre più numerose le politiche ambientali che più o meno esplicitamente vi si ispirano. Una tendenza giustificata da una serie di considerazioni che sembrano valide per le zone montane. Il concetto di solidarietà può essere letto in senso storico, facendo riferimento in primo luogo all’obbligazione già nota al diritto romano per cui l’obbligato “in solidum” risponde integralmente del debito contratto. Qui “solidus” sta non solo per compatto, robusto, ma anche per intero, pieno. Le cose cambiano con la Rivoluzione Francese, quando per solidarietà si intendono il senso di fratellanza tra i cittadini e l’appartenenza a un’unica nazione. Anche questa volta il significato originario di “compattezza” viene conservato e applicato ai consociati nel patto che fa di loro dei cittadini. Molto più di recente, la Commissione di terminologia del governo francese ha definito la solidarietà “un’interdipendenza implicante una mutua responsabilità di assistenza (...) tra i membri di un gruppo, fondata su un contratto o una comunità di interessi”. Alla luce di queste prime definizioni, le caratteristiche costanti della solidarietà sembrano essere la presenza di almeno due soggetti in relazione tra loro; l’esistenza di un rapporto di interdipendenza; la sussistenza di una disuguaglianza a cui si intende porre rimedio; la responsabilità comune alle parti in gioco.Tali caratteri sono tipici anche del problema della conservazione dell’ambiente, dove la sopravvivenza di più generazioni dipende dall’uso che la generazione precedente farà delle risorse ambientali a sua disposizione. In questo senso è corretto parlare di “solidarietà intertemporale”, di una condotta cioè volta a sanare almeno parzialmente le diseguaglianze nella dotazione di risorse ravvisabili in periodi consecutivi di tempo. E’ piuttosto chiaro che le generazioni future saranno in una condizione di svantaggio rispetto alle presenti: non possono rappresentare i propri interessi prima di venire al mondo, sono soggette agli esiti di scelte compiute dalle generazioni precedenti (su cui non hanno alcun controllo), soffriranno più intensamente un problema di relativa scarsità di risorse a causa della crescita demografica e dei relativi conflitti che essa comporta. Immaginare che le persone siano interessate a garantire un livello di benessere accettabile alle generazioni future sembrerebbe ragionevole: significa riconoscere che consideriamo importante il benessere dei nostri figli, nipoti e pronipoti. Quando si parla di conservazione dell’ambiente e di sviluppo sostenibile, si fa necessariamente riferimento a un sistema intertemporale, perché le scelte compiute oggi influiscono sul benessere di chi vivrà domani. Un richiamo alla solidarietà può aumentare il livello di attenzione sulle possibili conseguenze delle scelte politiche di oggi sulle generazioni future.

Un pianeta davvero troppo caldo

È un tema attualissimo, e molto hot. Il surriscaldamento del pianeta, i problemi ambientali e la crisi energetica rappresentano le questioni fondamentali che l´umanità e i potenti della Terra devono affrontare. Ci aiuta a capire gli scenari e i temi essenziali, con un linguaggio semplice ma molto documentato, un libro di Luigi Castagna (il presidente di Hera Bologna), intitolato Il pianeta in riserva (Pendragon). Lo sfruttamento intensivo delle risorse naturali sta conducendo il genere umano verso il famoso «picco» energetico, dal quale dovremo tornare più sobri e sviluppando al meglio le energie alternative. Un altro mondo possibile, nel quale, capiremo il senso dei limiti allo sviluppo.

lunedì 6 ottobre 2008

Immaginare una casa confortevole ed ‘ecologica’

Immaginare una casa confortevole, ‘ecologica’, economica e capace di utilizzare solo il meglio della tecnologia energetica, è un sogno proibito? «E’ un sogno, sognato da molti, che oggi può diventare reale. Pensiamo a realtà come la geotermia, il fotovoltaico, la cogenerazione e, per gli interni, pensiamo alla domotica: queste sono parole che racchiudono un passato fatto di ricerca, un presente ed un futuro di applicazioni. Mettendo in sinergia tutte le conoscenze e le tecnologie a nostra disposizione potremmo, addirittura, tendere ad un’ abitazione energeticamente autosufficiente». Partiamo dalla possibilità più semplice: il fotovoltaico, comunemente noto come ‘impianto a pannelli solari’... «Credo che , in linea generale, tutti conoscano l’argomento: si tratta di pannelli che, posizionati all’aperto, raccolgono luce e la trasformano in energia elettrica e calore. Forse non tutti, però, sanno che il fotovoltaico è un investimento che si ammortizza con l’uso. Un impianto di pannelli solari da 3 chilowatt, adatto a coprire i fabbisogni di un’abitazione media, costa circa 20mila euro. L’utente stipula un patto con l’Ente gestore per l’energia elettrica (Gse) e, da quel momento, comincia a produrre energia che viene immessa nella rete generale: in parte andrà a coprire i consumi interni, quella prodotta in più verrà immessa nella rete generale e venduta allo stesso Ente gestore. Quest’ultimo, in proporzione, e secondo gli accordi contrattuali, applicherà sconti in bolletta Enel o liquiderà in contanti il guadagno all’utente». Quanto può fruttare, annualmente, l’energia prodotta e rivenduta? «Fino a 2000 euro l’anno, secondo le nostre stime. Con i primi dieci anni di utilizzo dei pannelli l’utente rientrerà della spesa sostenuta per l’impianto, per gli altri dieci il guadagno sarà suo...». Lasciamo l’energia elettrica e passiamo alla climatizzazione. La sua azienda propone soluzioni all’avanguardia per grandi ambienti. Esiste la possibilità di declinare i vostri impianti a misura di abitazione privata? «La Cpl si rivolge anche ai privati, costruttori o proprietari che siano, spesso attraverso società controllate. Abbiamo la possibilità di offrire, sostanzialmente, tre risposte a chi cerca soluzioni innovative per climatizzare (e non solo scaldare) la propria abitazione con un basso impatto economico ed ambientale. La più ‘ecologica’ è la geotermia: si tratta di assorbire il calore dalla terra attraverso una ‘sonda’ scavata a grande profondità (110metri). La sonda raccoglie il calore della terra e lo trasferisce in superficie, nelle abitazioni, senza immissioni in atmosfera. Le complessità di questo sistema riguardano manutenzione dell’impianto, che deve essere costante, e i permessi di trivellazione per le sonde». (Dal Giorno)

Un progetto di risparmio ed efficienza energetica è stato lanciato dall’Eni di Paolo Scaroni più di un anno fa con l’obiettivo di permettere un risparmio del 30% sull’attuale bolletta energetica di ogni famiglia

L'Unione scommette sulle diversità del territorio

Dal Sole 24 Ore

«L'Europa non riuscirà ad affrontare preparata le sfide globali, se non coinvolgerà le sue regioni e le sue città. Parlo di sfide legate alla competitività, all'approvvigionamento energetico, al clima e ai trend demografici. Per vincerle occorre mobilizzare tutto il nostro potenziale di crescita ». La Commissaria Europea alle Politiche Regionali Danuta Hübner spiega così al Sole 24 Ore lo slogan «Regioni e città in un mondo di sfide » degli Open Days 2008, l'evento annuale dell'Europa regionale che si apre oggi a Bruxelles.I quattro temi portanti dell'edizione 2008 sono ricerca e innovazione, sviluppo sostenibile e cambio climatico, cooperazione regionale e futuro della politica di coesione. In tema di innovazione, l'accento sarà posto sulle persistenti disparità regionali in materia di ricerca e sviluppo: l'allarme europeo riguarda in particolare le 86 regioni (tra cui quelle del nostro Mezzogiorno) che hanno una performance innovativa inferiore alla media Ue. Quanto a clima e sviluppo sostenibile, la politica regionale ha stanziato 100 miliardi di euro per gli investimenti ambientali (programmazione 2007-2013) mentre sul tema della cooperazione territoriale – le regioni europee sono già impegnate in progetti di tipo transfrontaliero – si farà il punto sui programmi da realizzare entro il 2013.Infine il dibattito sul futuro della politica di coesione post-2013. «Nessuna regione dovrà essere lasciata fuori dalla politica di coesione – chiarisce la Commissaria Hübner –. È una politica che stimola la crescita e la competitività. Incanalando le regioni in un network europeo e facendole cooperare, fornisce loro la forza per affrontare con successo le sfide dell'economia globale. È pur vero che non può esistere una politica regionale adatta a tutte le regioni: ovviamente le priorità dovranno variare, a seconda dei territori. Ma non posso immaginare una politica di coesione limitata a un solo gruppo di regioni».Danuta Hübner presenterà oggi il Libro Verde sulla Coesione Territoriale, che intende fornire soluzioni per un maggior bilanciamento tra i differenti livelli di sviluppo regionale. Al Sole 24 Ore anticipa che: «Vi esporremo il risultato della nostra indagine sulla diversità dei "territori" europei. Vogliamo mostrare quanto sono importanti: le loro politiche sono essenziali per una risposta efficace di tutta l'Ue alla globalizzazione. La diversità territoriale in Europa va considerata come un potenziale, non come un handicap».Durante gli Open Days 2008 nelle singole regioni sono previsti 233 eventi, 22 dei quali in Italia, tra forum tavole rotonde e dibattiti. Per la Commissaria Europea Hübner «le regioni italiane presentano diversi punti di forza, quali il grande attivismo negli investimenti sull'efficienza energetica e sulle rinnovabili, la forte tradizione imprenditoriale e i buoni collegamenti tra il livello politico, quello aziendale e il mondo dell'università».

venerdì 3 ottobre 2008

Un'agenzia per lanciare l'Africa

Lo sviluppo del turismo in Africa e le ricadute positive per Europa, Italia e Sicilia: è il tema della seconda edizione del forum, che si svolge in questi giorni a Taormina, promosso dalla Fondazione Banco di Sicilia e realizzato da The European house-Ambrosetti. Tra i temi sul tavolo, la creazione di un'agenzia (Global action) per attrarre investimenti nel settore turistico nel continente africano. Questo attraverso la valorizzazione delle valenze storico-culturali, l'individuazione di circuiti e progetti innovativi in chiave culturale, l'implementazione di modelli di sviluppo sostenibile.

Slow Food, cibo e cultura

Lo chiamano guru ma lui fa spallucce. Del resto Carlo Petrini, classe 1949, appartiene a quella prima generazione del dopoguerra «già fuori dalle ambasce della fame ma che comunque ha sempre portato molto rispetto al cibo». Perciò delle formule new age non se ne fa niente, il piatto che preferisce è «la curiosità», ha una missione di vita che si chiama Slow Food e la sua convinzione numero uno è questa: «Noi non siamo un partito ma cambiamo le cose». La «piccola rivoluzione» ha preso le mosse dalla sua casa di Bra, in Piemonte, nel 1986: l'idea di partenza era quella di allargare il vestito un po' troppo stretto della gastronomia classica e accomodarlo di almeno quattro taglie per farci entrare la difesa della biodiversità e delle società rurali, una nuova frontiera dell'agricoltura e un'educazione del gusto legata alla sostenibilità ambientale e al rispetto delle identità culturali. È andata a finire che oggi la sua creatura è un'associazione internazionale non profit con 86mila iscritti, «adepti» in 130 Paesi e sedi in Italia, Germania, Svizzera, Stati Uniti, Francia, Giappone e Regno Unito.Petrini è particolarmente fiero di due personali trofei: «Dieci anni fa, quando ho portato Slow Food in America, tutti mi dicevano che a lottare contro gli hamburger avrei perso miseramente. Beh, un mese fa a San Francisco abbiamo organizzato un meeting con più di 100mila persone. Ma siamo arrivati anche nelle più remote comunità agricole dell'Etiopia, che oggi producono caffé straordinario e miele superbo». L'ultima battaglia (in ordine cronologico) è la terza edizione di «Terra Madre», l'incontro mondiale delle comunità del cibo, a Torino dal 23 al 27 ottobre: «È il fiume carsico di una società civile che non ha né rilevanza mediatica né il potere della politica di palazzo, ma è diffusissima e pronta a lottare contro il caos alimentare di un mondo che produce cibo per 12 miliardi di persone quando su questa Terra siamo poco più di 6 miliardi. Ma vi sembra normale che 800 milioni di esseri umani patiscano fame e malnutrizione mentre 1 miliardo e 700 milioni soffrono di obesità, diabete e malattie da iperalimentazione?». (Dal Corriere della Sera)

giovedì 2 ottobre 2008

Il sogno della regione eco-compatibile

In Piemonte parte l´Energy tour per sensibilizzare istituzioni, cittadini e imprese.

Una regione eco-compatibile, sempre meno dipendente dal petrolio, in cui l´energia sarà prodotta e distribuita con una serie di reti diffuse sul territorio e nella quale i cittadini saranno "produttori" in grado di re-immettere nel sistema l´energia che non consumano. E´ il sogno verde del Piemonte, per il quale la Regione ha già speso oltre 60 milioni di euro, un quarto dei fondi europei, 270 milioni in tutto per lo sviluppo regionale, guadagnandosi un bel primato. Il Piemonte, infatti, è la regione in Europa che ha impegnato la quota più alta di finanziamenti europei per promuovere iniziative finalizzate a ridurre la dipendenza dal petrolio e insieme le emissioni di Co2. E fino al 2013, palazzo Lascaris ha previsto un investimento di oltre 300 milioni sulle politiche energetiche, per portare al 3% del Pil la ricerca sulle fonti rinnovabili e le energie alternative. (Da Repubblica)

Il business del sole e del vento, sbarcano i fondi d´investimento

Ottocentocinquanta domande sulle scrivanie della Regione Puglia. Investimenti per circa 15 miliardi di euro. Alcuni tra i più grandi fondi di investimento mondiali che, tramite alcuni studi commerciali e legali più importanti d´Italia, sono pronti a investire. Passa da questi numeri il grande boom della Puglia in materia di energie rinnovabili: secondo gli ultimi studi è diventata la regione europea con la maggiore capacità attrattiva per gli investimenti sulle energie rinnovabili. «Il merito - dicono dalla Regione - è sicuramente delle caratteristiche fisiche del territorio. Esiste poi una legislazione precisa e rigorosa che dà certezza a chi decide di investire qui, piuttosto che in altre regioni». Esiste poi un problema puramente economico: in Italia vengono erogati i maggiori incentivi pubblici europei per chi decide di realizzare impianti di energie alternative. Significa che, a seconda del tipo di insediamento, il tempo di ammortamento dell´investimento varia dai quattro agli otto anni. Da un punto di vista strettamente finanziario, si tratta di un grande investimento.Da un ultimo studio di Nomisma, infatti, emerge che per ogni 100 euro che vengono incassati dalle aziende che producono energia, 66 sono certificati verdi, e cioè contributi statali. I produttori da fonte rinnovabile vendono infatti l´energia a un prezzo medio mensile che si aggira sui 6 centesimi di euro a kilowattora, ed in più incassano 12,5 centesimi per kilowattora dai certificati verdi. Ecco quindi che in Puglia sono sbarcati da tutta Europa i grandi fondi di investimento che, insieme ad altri privati, stanno presentando domande alla Regione. A oggi per il fotovoltaico le domande presentate sono 250, 165 delle quali annullate perché essendo sotto un megawatt sono state inviate direttamente ai comuni. Ne rimangono così 85, 15 delle quali sono già state autorizzate o si trovano in una fase avanzata dell´istruttoria. Una settantina, invece, le domande sulle biomasse, 16 già autorizzate o vicino a esserle. Infine l´eolico: più di 700 le istanze, 245 delle quali sono sospese perché presentate dopo la moratoria. Una cinquantina le pratiche che si trovano in stato avanzato. (Da Repubblica)