Da Il Giorno
«Di fronte a una minaccia mondiale come quella dei cambiamenti climatici serve una risposta mondiale. Spuntiamo tutta la flessibilità possibile, ma dobbiamo mantenere gli obiettivi concordati». Alla vigilia del Consiglio europeo che dovrà approvare l’obiettivo Ue di ridurre del 20% le emissioni di gas serra, di aumentare del 20% la produzione di energia da rinnovabili così come l’efficienza energetica, il presidente della commissione Ue, Josè Manuel Barroso, fissa paletti chiari contro l’annacquamento del piano varato dalla Commissione. L’Italia sarà in prima fila, con la Polonia, nella richiesta di maggiore flessibilità. E da Confindustria, dopo la presa di posizione comune con gli industriali tedeschi, arriva una nuova bordata contro Bruxelles e a favore della strategia del governo. «In questo momento di profonda crisi dei mercati finanziari — scrive viale dell’Astronomia — le misure previste nel pacchetto sull’energia e i cambiamenti climatici finirebbero con l’essere fortemente penalizzanti per il settore produttivo e controproducenti per la ripresa economica dell’Ue» e «comporterebbero delocalizzazioni e cancellazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro». «Pur confermando l’impegno nel sostenere le necessarie strategie per una riduzione delle emissioni di CO2 — osserva Confindustria — occorre evidenziare come tale impegno verrebbe meno se la competitività delle imprese venisse pregiudicata come conseguenza di queste misure. Se il pacchetto fosse approvato, il sistema industriale italiano sarebbe chiamato a pagare una nuova tassa superiore ai 20 miliardi di euro all’anno, una cifra superiore all’1,5% del Pil del Paese». Il governo italiano non arriverà al veto che Confindustria fa capire sarebbe necessario (e che il ministro dell’Ambiente ha pur ventilato) ma chiederà clausole di revisione per tener conto degli sviluppi internazionali (nel caso non si raggiunga un accordo mondiale sul «post Kyoto» nel 2009), deroghe per i settori più energivori, la possibilità di effettuare integralmente i tagli delle emissioni all’estero e una sorta di «valutazione dell’impatto economico» delle misure. Ma Barroso, col consenso della maggioranza degli Stati, non molla. «IL NOSTRO ruolo — ha detto — è chiedere di non dimenticare i nostri impegni sottoscritti unanimamente. Spero che prevalga l’etica della responsabilità, non l’ottica del breve periodo». Proprio ieri Oms, autorità per la sicurezza alimentare europea e Fao hanno presentato uno studio nel quale si rilanciano gli allarmi e si osserva che il cambiamento climatico «potrebbe costare fino al 5% del prodotto interno lordo mondiale entro la fine del secolo».
1 commento:
E ci mancherebbe pure altro!! Bisogna che le imprese italiane, con Confindustria ed il Governo in testa, comincino a ragionare su forme di competitività innovative che si possano fondare anche sul rispetto dell'ambiente, piuttosto che cercare ogni possibile scappatoia per ridurre i costi produttivi, i primi dei quali sono sempre - guarda caso - quelli legati al rispetto dell'ambiente. L'assioma "profitto e crescita a tutti i costi" non è più tollerabile e praticabile. Non si può accampare ogni scusa, l'ultima delle quali quella della crisi finanziaria, per eludere questo drammatico problema il cui conto viene sempre scaricato sul futuro. Tutta questa vicenda denuncia pertanto la miopia di gran parte del nostro sistema imprenditoriale e di quello politico. Bisogna invece percorrere con decisione la strada di uno sviluppo che produca reddito (e non profitto) in modo ecologicamente, economicamente e socialemnte sostenibile. Ormai non è più una questione "ambientale", ma "etica", non è più una questione produttiva, ma di democrazia economica.
Tutti noi siamo chiamati a dare il nostro (apparentemente insignificante) contributo con le nostre scelte quotidiane ed i nostri stili di vita anche perchè in Italia oggi (nè a destra nè a sinistra) disponiamo di una classe politica (che abbiamo democraticamente scelto noi) all'altezza della situazione...
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