giovedì 19 febbraio 2009
Rifiuti sottozero, da Napoli proposta per cambiare
Mila Andrade vantava il titolo di miglior insegnante delle Filippine, ora è in pensione, ha problemi respiratori. Si affatica e un po' si emoziona mentre racconta la sua storia: «Le aule della scuola si affacciano su un enorme svincolo autostradale dove passano milioni di veicoli. Vivo in un piccolo centro troppo vicino a Manila. Le automobili e i gas tossici della capitale mi hanno fatto ammalare. Poi ho scoperto che anche i gessetti che si usano in classe sono contaminati». Mila fa parte della delegazione filippina all'Incontro internazionale Rifiuti Zero, cominciato ieri a Napoli presso l'istituto Casanova. Rappresenta le associazioni che lavorano nelle comunità ma c'è anche il presidente della commissione Ambiente di Manila e la presidente della commissione per la pianificazione. «Nel nostra paese non è solo l'aria a essere contaminata - prosegue Mila - ma anche il suolo e le acque. Sono i fertilizzanti chimici prodotti dalle multinazionali e le monoculture a riso che stanno desertificando il paese, arrivando a inquinare anche il mare. Allora mi batto perché si utilizzino concimi naturali, stesso rendimento e nessun danno alla salute». Le scorie tossiche lasciate dalla Nato dopo l'abbandono delle basi hanno giocato un ruolo? «Non lo so. Erano in una zona isolata - precisa - il governo non vuole che se ne parli», e con le dita si chiude le labbra. Azzeramento dei rifiuti ma anche sostenibilità ambientale delle produzioni e responsabilità sociale del modello produttivo, questo il modello Rifiuti Zero come raccontano le storie testimoniate.La giornata d'apertura è dedicata alla definizione di un protocollo da adottare in ogni paese, in Europa ma anche nel resto del mondo. Sono i due membri della delegazione inglese a correggere ossessivamente punteggiatura e grammatica. Tutti d'accordo, invece, per un cambiamento del paradigma produttivo: basta usa e getta e spazio alla riparazione e riutilizzo degli oggetti. «A San Francisco - racconta Tania Levy - abbiamo introdotto la norma per cui chi produce contenitori non rinnovabili deve paga una tassa per il loro smaltimento». Le divergenze maggiori arrivano dalla definizione del ruolo delle imprese nell'affermazione delle pratiche Rifiuti Zero. Rick Anthony, protagonista dell'ecoconversione di Los Angeles, batte sul ruolo del mercato: se non c'è business, sia pure sostenibile, non c'è futuro per le buone pratiche, spiega, quindi bisogna convincere le imprese e poi lasciare a loro il compito di indirizzare, comandare il processo. Il verbo utilizzato, to lead, non va giù al rappresentate tedesco: in Europa le popolazioni, le imprese e le istituzioni competenti devono giocare un ruolo, ma a guidare il processo non può esserci il mercato. Mario Avoletto, provenendo dalla Rete campana, aggiunge un ulteriore carico di sfiducia chiedendo sistemi di controllo per le popolazioni. Nodi linguistici e filosofie politiche differenti emergono dietro ogni disputa nominale intorno al documento da sottoscrivere. Per la sintesi c'è tempo fino a domani, quando verrà presentata ufficialmente la bozza sui Principi per le comunità Rifiuti Zero.Il pomeriggio sono gli italiani a occupare la scena. La Rete nazionale presenta la campagna per la restituzione dei Cip6, circa il 7% della bolletta Enel sborsato per finanziare le fonti energetiche alternative finito, invece, nelle tasche dei petrolieri e dei costruttori di inceneritori: «Solo con i soldi pubblici questi impianti producono profitto - racconta Rossano Ercolini - togliendo il fieno speriamo di bloccarne la diffusione. Ma è anche uno strumento per sensibilizzare l'opinione pubblica. Stiamo parlando di 40 miliardi di euro». Il governo Berlusconi, sfruttando la crisi rifiuti napoletana, ha reintrodotto i Cip6 per Campania e Sicilia, nonostante il decreto legislativo 387 del 2003, che ha recepito la normativa europea, vieti di considerare "assimilabili" sistemi come gli inceneritori. Da oggi basterà presentarsi al Casanova con una bolletta Enel, un documento e firmare la delega, per partecipare alla causa contro il maggiore gestore italiano.La Rete locale, invece, ha cominciato ieri a introdurre il disastro campano: l'apertura forzata della discarica di Chiaiano da parte di Bertolaso fornisce un ottimo esempio per raccontare come scelte disastrose debbano essere imposte con l'uso della forza. Ma ieri è anche cominciata la discussione su un piano rifiuti alternativo che il movimento campano, guidato dall'architetta Paola Nugnes, ha messo a punto. Raccolta differenziata porta a porta al 65% entro il 2010 è il primo obiettivo, «un obiettivo praticabile - racconta ancora Mario Avoletto - come dimostrano gli esperimenti che abbiamo messo in atto nei quartieri napoletani di Ponticelli, Bagnoli e ai Colli Aminei, dove abbiamo raggiunto il 70% in due settimane e poi la conversione dei sette cdr in impianti per il trattamento a freddo: «Con un buon livello di separazione dell'immondizia si ottiene un compost di qualità da utilizzare nel territorio, devastato dagli sversamenti legali e illegali. Alla fine del processo si recupera il 90% dei rifiuti, la frazione restante diventa materiale inerte per l'edilizia, come accade già a Vadelago, in provincia di Treviso». Il piano verrà consegnato sabato al prefetto, nella veste di rappresentate del governo. «Bertolaso - conclude Mario - per noi non è più un interlocutore credibile, dovrebbe solo dimettersi». (Dal Manifesto)
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