giovedì 5 marzo 2009

Dialogo tra Latouche e Petrini: "La decrescita unica speranza"

Il francese è il teorico della decrescita serena. L´italiano è il guru di Slow Food, celebrato da Time come uno dei cinquanta uomini che hanno cambiato il mondo. Serge Latouche e Carlo Petrini erano ieri sera a Pinerolo, ospiti del primo incontro della rassegna "Pensieri in piazza". Il loro è stato un dialogo stimolante, seguito con partecipazione. Con un sorriso ammettono di andare d´accordo su tutto. Per "Repubblica" hanno accettato di dialogare su alcuni temi legati alla crisi e al Piemonte.Le vostre prese di posizione hanno anticipato molti dei temi dell´attuale crisi mondiale.Latouche: «Erano anni che mi chiedevo come mai la crisi non fosse ancora esplosa. Non bisogna essere dei profeti per capire che questo sistema sarebbe andato a fracassare da qualche parte. Non si poteva andare avanti a produrre sempre di più, non era più sostenibile. Il nostro merito è di aver indicato una strada alternativa a quello che chiamo con una brutta definizione il totalitarismo del produttivismo».Petrini: «Anche le nostre riflessioni partono da lontano, basta pensare a cosa diceva Pierpaolo Pasolini, che era un poeta ma sapeva denunciare i mali dell´attuale società. L´Italia ha messo da parte l´economia della sussistenza, un giusto rapporto con la natura e il territorio».Latouche: «Carlo mette bene a fuoco il problema ed io aggiungo che è ora di smetterla di ingrassare, di consumare. Mi capita di citare spesso il mito della torta che ci ha fatto diventare obesi. Ma questa torta non c´è più e bisogna anche cambiare la ricetta. Ed anche in questa difficile fase tutti i governi continuano a sbagliare perché parlano di rilanciare l´economia, quando invece l´unica cosa saggia da fare è fermarsi».Tra i temi che tornano in discussione c´è quello dei dazi sui prodotti agricoli. Petrini l´ha recentemente rilanciata sollevando non poco scandalo.Petrini: «La sovranità alimentare, e Slow Food l´ha capito da tempo, è un bene che va preservato perché non difende solo i contadini ma anche la biodiversità di un territorio. Se guardiamo ai prodotti piemontesi avvertiamo bene gli sprechi giganteschi a cui ci condanna l´attuale economia globalizzata, un´economia canaglia. C´è una follia totale nei soldi che buttiamo via».Latouche: «Anni fa ricordo di aver parlato ad un convegno di protezionismo e le mie affermazioni fecero scandalo. In Italia sembrava quasi di passare per fascisti. Invece un po´ di protezionismo serve a fermare questi giochi al massacro che vengono giustificati con il libero mercato. Decrescere non vuol poi dire cancellare posti di lavoro ma migliorare la qualità della vita».Petrini: «Sempre guardando al Piemonte e ai suoi prodotti come il riso, va detto che mettere dei dazi potrebbe servire a bloccare le politiche dei sussidi che servono solo a fare dumping, cioè vendere a prezzi truccati».Per chiudere, una riflessione sul deficit ecologico, cioè sulla situazione di stress del nostro pianeta.Petrini: «L´unica soluzione possibile è quella di decelerare e di puntare sull´economia locale. Non è una riflessione scontata almeno per l´Italia. Nel nostro paese manca una reale democrazia partecipativa che si realizzi a livello locale».Latouche: «Se non invertiamo la rotta, ci attende una catastrofe ecologica e umana. In giro sento però tante idee interessanti. Una è quella di lasciare da parte il protocollo di Kyoto che guarda solo alla domanda. Bisogna intervenire sull´offerta. Un impegno concreto sarebbe quello di ridurre la produzione di petrolio del 10 per cento ogni anno. È un circolo virtuoso perché interviene sulle società di tutto il mondo e rende sostenibili molte economie. Ridurre i consumi di petrolio cancellerebbe gli 8mila camion che ogni giorno portano tra Italia e Francia solo carichi di "merde", cioè inutile acqua minerale, pomodori e milioni di rotoli di carta igienica». (da Repubblica)

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